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Lenalidomid Accord®

 

Lenalidomid Accord®

 

Composizione

Principi attivi

Lenalidomide.

 

Sostanze ausiliarie

Potenza della dose

Capsule rigide

2,5 mg

5 mg

7,5 mg

10 mg

15 mg

20 mg

25 mg

Lattosio

35,96 mg

33,46 mg

50,19 mg

66,92 mg

100,38 mg

133,84 mg

167,30 mg

Sodio (da sodio croscarmellosa)

0,014 mg

0,014 mg

0,021 mg

0,028 mg

0,042 mg

0,056 mg

0,07 mg

Cellulosa microcristallina, magnesio stearato, sodio croscarmelloso, silice colloidale anidra.

Rivestimento della capsula: gelatina, biossido di titanio (E171), ossido di ferro (E172) (solo capsule rigide da 2,5 mg, 7,5 mg, 10 mg, 15 mg e 20 mg), indaco carminio (E132) (solo capsule rigide da 7,5 mg, 10 mg e 20 mg).

Inchiostro della dicitura nero: gommalacca, ossido di ferro (E172), potassio idrossido.

Inchiostro della dicitura verde: gommalacca, biossido di titanio (E171), ossido di ferro (E132), indaco carminio (E132).

 

Forma farmaceutica e quantità di principio attivo per unità

Capsule rigide da 2,5 mg, 5 mg, 7,5 mg, 10 mg, 15 mg, 20 mg e 25 mg.

 

Indicazioni/Possibilità d'impiego

La lenalidomide, in associazione con bortezomib e desametasone, è indicato per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo non precedentemente trattato.

La lenalidomide è indicato nel trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo come terapia di mantenimento dopo il trapianto autologo di cellule staminali.

La lenalidomide in associazione con desametasone o la lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone, seguiti da una terapia di mantenimento con la lenalidomide, è indicato per il trattamento di pazienti adulti con mieloma multiplo non precedentemente trattato che non sono eleggibili al trapianto.

La lenalidomide in associazione con desametasone è indicato per il trattamento di pazienti con mieloma multiplo sottoposti ad almeno una precedente terapia farmacologica.

La lenalidomide è indicato per il trattamento di pazienti con anemia trasfusione-dipendente dovuta a sindrome mielodisplastica a basso rischio o a rischio intermedio-1, associata ad anomalia citogenetica da delezione del 5q, con o senza altre anomalie citogenetiche.

La lenalidomide è indicato per il trattamento di pazienti con linfoma mantellare (MCL) recidivato o refrattario dopo una precedente terapia comprendente bortezomib e chemioterapia/rituximab.

La lenalidomide in associazione con rituximab (anticorpo anti-CD20) è indicato per il trattamento di pazienti adulti con linfoma follicolare (grado 1-3A) recidivato o refrattario (vedere «Proprietà/effetti»).

 

Posologia/impiego

Il trattamento deve essere iniziato e monitorato da ematologi o oncologi esperti.

 

Mieloma multiplo

La lenalidomide, in associazione con bortezomib e desametasone, in pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato

·Terapia iniziale: la lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone

Il trattamento con la lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone non deve essere iniziato se la conta assoluta dei neutrofili (ANC) è <1,0 x 109/l e/o la conta piastrinica è <50 x 109/l.

La dose iniziale raccomandata della lenalidomide è di 25 mg per via orale una volta al giorno

a)nei giorni 1-14 di ciascun ciclo di trattamento di 21 giorni, oppure

b)nei giorni 1-21 di ciascun ciclo di trattamento di 28 giorni.

Il bortezomib deve essere somministrato mediante iniezione sottocutanea (1,3 mg/m2 di superficie corporea) due volte alla settimana, nei giorni 1, 4, 8 e 11 di ciascun ciclo di 21 giorni o di 28 giorni.

La dose raccomandata del desametasone è di

a)20 mg per via orale una volta al giorno nei giorni 1, 2, 4, 5, 8, 9, 11 e 12 oppure

b)40 mg per via orale una volta al giorno nei giorni da 1 a 4 e da 9 a 12 di ciascun ciclo.

Si raccomandano fino a otto cicli di 21 giorni o sei cicli di 28 giorni (terapia iniziale di 24 settimane).

 

Tabella 1. Regime posologico raccomandato per la lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone

Fino 8 cicli

Giorno (del ciclo die 21 giorni)

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15-21

Lenalidomide (25 mg)

 

Bortezomib (1.3 mg/m2)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dexamethasone (20 mg)

 

 

 

 

 

 

 

 

oppure

 

Fino 6 cicli

Giorno (del ciclo die 28 giorni)

 

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

21

22-28

Lenalidomide (25 mg)

 

Bortezomib (1.3 mg/m2)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dexamethasone (40 mg)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

·Proseguimento del trattamento nei pazienti non sottoposti a trapianto di cellule staminali: la lenalidomide in associazione con desametasone fino alla progressione della malattia

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide 25 mg per via orale una volta al giorno, nei giorni 1-21 di cicli ripetuti di 28 giorni, in associazione con il desametasone. La dose raccomandata del desametasone è di 40 mg per via orale una volta al giorno, nei giorni 1, 8, 15 e 22 di cicli ripetuti di 28 giorni. Il trattamento può continuare fino alla progressione della malattia o alla comparsa di intolleranza.

·Proseguimento del trattamento: trapianto autologo di cellule staminali

Nei pazienti il cui trattamento proseguirà con un trapianto autologo di cellule staminali, si deve procedere a una mobilizzazione delle cellule staminali emopoietiche entro i primi 4 cicli della terapia iniziale.

 

La lenalidomide in pazienti sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali

Successivamente al trapianto autologo di cellule staminali, la terapia di mantenimento con la lenalidomide deve essere iniziata dopo un adeguato recupero dei valori ematologici. II trattamento con la lenalidomide non deve essere iniziato se l'ANC è <1,0 x 109/l e/o la conta piastrinica è <75 x 109/l.

 

Posologia raccomandata

La dose iniziale raccomandata è di 10 mg della lenalidomide per via orale una volta al giorno, somministrata continuativamente (nei giorni 1-28 di cicli ripetuti di 28 giorni) fino alla progressione della malattia o alla comparsa di intolleranza. Dopo tre cicli di 28 giorni di terapia di mantenimento continuativa con la lenalidomide, la dose può essere aumentata a 15 mg per via orale una volta al giorno, se tollerata.

 

La lenalidomide in associazione con desametasone fino alla progressione della malattia in pazienti non precedentemente trattati, che non sono eleggibili al trapianto

II trattamento con la lenalidomide non deve essere iniziato se l'ANC è <1,0 x 109/l e/o la conta piastrinica è <50 x 109/l.

 

Posologia raccomandata

La dose iniziale raccomandata è di 25 mg della lenalidomide per via orale una volta al giorno nei giorni 1-21 di cicli ripetuti di 28 giorni. La dose raccomandata del desametasone è di 40 mg per via orale una volta al giorno nei giorni 1, 8, 15 e 22 di cicli ripetuti di 28 giorni. Il trattamento con la lenalidomide e desametasone può continuare fino alla progressione della malattia o alla comparsa di intolleranza.

 

La lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone, seguito da monoterapia di mantenimento, in pazienti non precedentemente trattati, non eleggibili al trapianto

II trattamento con la lenalidomide non deve essere iniziato se l'ANC è <1,5 x 109/l e/o la conta piastrinica è <75 x 109/l.

 

Posologia raccomandata

La dose iniziale è la lenalidomide 10 mg/die per via orale nei giorni 1-21 di cicli ripetuti di 28 giorni per un massimo di 9 cicli, melfalan 0,18 mg/kg per via orale nei giorni 1-4 di cicli ripetuti di 28 giorni, prednisone 2 mg/kg per via orale nei giorni 1-4 di cicli ripetuti di 28 giorni.

I pazienti che hanno completato i 9 cicli, o che non sono in grado di completare la terapia combinata a causa di intolleranza, sono trattati con la lenalidomide in monoterapia, a una dose di 10 mg/die per via orale nei giorni 1-21 di cicli ripetuti di 28 giorni fino alla progressione della malattia.

 

La lenalidomide in associazione con desametasone in pazienti con mieloma multiplo sottoposti ad almeno una precedente terapia

La dose iniziale raccomandata è di 25 mg della lenalidomide per via orale una volta al giorno, nei giorni 1-21 di cicli di trattamento ripetuti di 28 giorni. Durante i primi 4 cicli di trattamento, la dose raccomandata del desametasone è di 40 mg per via orale una volta al giorno nei giorni 1–4, 9–12 e 17–20 di ciascun ciclo di 28 giorni e successivamente di 40 mg una volta al giorno nei giorni 1–4. Il trattamento deve continuare fino alla progressione della malattia o alla comparsa di tossicità inaccettabili.

 

Sindrome mielodisplastica

La dose iniziale raccomandata è di 10 mg della lenalidomide per via orale una volta al giorno nei giorni 1-21 di cicli di trattamento ripetuti di 28 giorni. Nel caso in cui, entro 16 settimane dall'inizio della terapia con la lenalidomide, non si evidenzi almeno una lieve risposta, vale a dire un miglioramento di almeno il 50%, si raccomanda di interrompere il trattamento per assenza di efficacia.

 

Linfoma mantellare recidivato o refrattario

La dose iniziale raccomandata è di 25 mg della lenalidomide al giorno per via orale nei giorni 1-21 di cicli di trattamento ripetuti di 28 giorni. Il trattamento deve continuare fino alla progressione della malattia o alla comparsa di tossicità inaccettabili.

 

Linfoma follicolare (FL) in associazione con rituximab (regime R2)

Il trattamento con la lenalidomide non deve essere iniziato se la conta assoluta dei neutrofili (ANC) è <1 x 109/l e/o la conta piastrinica è <50 x 109/l, a meno che ciò non sia la conseguenza di un'infiltrazione del midollo osseo da parte del linfoma.

La dose iniziale raccomandata della lenalidomide è di 20 mg per via orale una volta al giorno nei giorni 1-21 dei cicli di trattamento ripetuti di 28 giorni, per un massimo di 12 cicli di trattamento. La dose iniziale raccomandata di rituximab è di 375 mg/m² per via endovenosa (e.v.) una volta alla settimana nel ciclo 1 (giorni 1, 8, 15 e 22) e il giorno 1 di ogni ciclo di 28 giorni nei cicli dal 2 al 5 compreso.

 

Aggiustamento della dose

La posologia della lenalidomide o degli altri medicamenti utilizzati nell'ambito di un trattamento combinato (desametasone, melfalan, prednisone, bortezomib, rituximab) deve essere aggiustata in base ai risultati clinici e ai valori di laboratorio.

Riguardo agli aggiustamenti della dose dovuti a tossicità per medicamenti diversi dalla lenalidomide utilizzati nell'ambito di un trattamento combinato, consultare la relativa informazione professionale.

 

Tossicità ematologica

Aggiustamenti della dose raccomandati durante il trattamento e alla ripresa del trattamento

Per la gestione di trombocitopenia o neutropenia di grado 3 o 4, o di altra tossicità di grado 3 o 4 ritenuta correlata a lenalidomide, si raccomandano gli aggiustamenti della dose descritti di seguito in base all'indicazione.

 

La lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone in pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattati

Livelli di riduzione della dose

 

Lenalidomide

Dose iniziale

25 mg

Livello di dose -1

20 mg

Livello di dose -2

15 mg

Livello di dose -3

10 mg

Livello di dose -4

5 mg

Livello di dose -5

2,5 mg/die o 5 mg ogni 48 ore

 

Trombocitopenia

Variazione della conta piastrinica

Procedura raccomandata

Riduzione a <30 x 109/l

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio settimanale del quadro emocromocitometrico

Ritorno a ≥50 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide al livello di dose -1

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 30 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥50 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose successiva più bassa. Non scendere al di sotto della dose di 2,5 mg una volta al giorno.

 

Neutropenia

Variazione della conta dei neutrofili

Procedura raccomandata a

Prima riduzione a <0,5 x 109/l o neutropenia febbrile (febbre ≥38 °C; <1 x 109/l)

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio settimanale del quadro emocromocitometrico

Ritorno a ≥1 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide al livello di dose -1

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 0,5 x 109/l o neutropenia febbrile

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥1 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose successiva più bassa. Non scendere al di sotto della dose di 2,5 mg una volta al giorno.

a A discrezione del medico, se la neutropenia è l'unica tossicità comparsa a qualsiasi livello di dose, viene somministrato il fattore stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) e mantenuto il livello di dose della lenalidomide.

 

La lenalidomide in pazienti sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali

Livelli di riduzione della dose

 

Dose iniziale (10 mg)

In caso di aumento della dose (15 mg)a

Livello di dose -1

5 mg una volta al giorno, continuativamente

10 mg una volta al giorno, continuativamente

Livello di dose -2

5 mg una volta al giorno, nei giorni 1-21 dei cicli di 28 giorni

5 mg una volta al giorno, continuativamente

Livello di dose -3

Non pertinente

5 mg una volta al giorno, nei giorni 1-21 dei cicli di 28 giorni

 

Nei giorni 1-21 dei cicli di 28 giorni non scendere al di sotto della dose di 5 mg una volta al giorno

Dopo tre cicli di 28 giorni di terapia di mantenimento continuativa con la lenalidomide, la dose può essere aumentata a 15 mg per via orale una volta al giorno, se tollerata.

 

Trombocitopenia

Variazione della conta piastrinica

Procedura raccomandata

Riduzione a <30 x 109/l

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio settimanale del quadro emocromocitometrico

Ritorno a ≥30 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide al livello di dose -1

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 30 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥30 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose successiva più bassa

 

Neutropenia

Variazione della conta dei neutrofili

Procedura raccomandataa

Riduzione a <0,5 x 109/l

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio settimanale del quadro emocromocitometrico

Ritorno a ≥0,5 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide al livello di dose -1

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 0,5 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥0,5 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose successiva più bassa

a A discrezione del medico, se la neutropenia è l'unica tossicità comparsa a qualsiasi livello di dose, viene somministrato il fattore stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) e mantenuto il livello di dose della lenalidomide.

 

La lenalidomide in associazione con desametasone in pazienti non precedentemente trattati che non sono eleggibili al trapianto

Livelli di riduzione della dose

 

Lenalidomide

Desametasone

Dose iniziale

25 mg

40 mg

Livello di dose -1

20 mg

20 mg

Livello di dose -2

15 mg

12 mg

Livello di dose -3

10 mg

8 mg

Livello di dose -4

5 mg

4 mg

Livello di dose -5

2,5 mg/die o 5 mg ogni 48 ore

Non pertinente

 

Trombocitopenia

Variazione della conta piastrinica

Procedura raccomandata

Riduzione a <25 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide per il resto del cicloa

Ritorno a ≥50 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide a una dose di 5 mg più bassa rispetto alla dose precedente. Dopo una dose di 5 mg, continuazione del trattamento con la lenalidomide a una dose di 2,5 mg/die o 5 mg ogni 48 ore. Nessuna dose deve essere inferiore a 2,5 mg/die o 5 mg ogni 48 ore.

a Se si verifica una tossicità dose-limitante (DLT) > giorno 15 di un ciclo, il trattamento con la lenalidomide verrà sospeso almeno per il resto del ciclo di 28 giorni in corso.

 

Neutropenia

Variazione della conta dei neutrofili

Procedura raccomandataa

Prima riduzione a <0,5 x 109/l o neutropenia febbrile (febbre ≥38 °C; <1 x 109/l)

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥1 x 109/l, se la neutropenia è l'unica tossicità osservata

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose iniziale una volta al giorno

Ritorno a ≥0,5 x 109/l, se si osservano tossicità ematologiche dose-dipendenti diverse da neutropenia

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide al livello di dose -1 una volta al giorno

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 0,5 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥0,5 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose successiva più bassa una volta al giorno.

a A discrezione del medico, se la neutropenia è l'unica tossicità comparsa a qualsiasi livello di dose, viene somministrato il fattore stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) e mantenuto il livello di dose della lenalidomide.

 

In caso di riduzione della dose di lenalidomide a causa di DLT ematologica, la dose della lenalidomide può essere nuovamente aumentata, a giudizio del medico curante, al livello di dose successivo (fino alla dose iniziale), qualora la continuazione della terapia con lenalidomide/desametasone abbia prodotto un miglioramento della funzione del midollo osseo (assenza di DLT per almeno 2 cicli consecutivi e ANC ≥1500/µl con una conta piastrinica ≥100'000 all'inizio di un nuovo ciclo al livello di dose attuale).

 

La lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone, seguito da monoterapia di mantenimento, in pazienti non eleggibili al trapianto

Livelli di riduzione della dose

 

Lenalidomide

Melfalan

Prednisone

Dose iniziale

10 mg

0,18 mg/kg

2 mg/kg

Livello di dose -1

7,5 mg/die o 15 mg ogni 48 ore

0,14 mg/kg

1 mg/kg

Livello di dose -2

5 mg

0,10 mg/kg

0,5 mg/kg

Livello di dose -3

2,5 mg/die o 5 mg ogni 48 ore

Non pertinente

0,25 mg/kg

 

Trombocitopenia

Variazione della conta piastrinica

Procedura raccomandata

Prima riduzione a <25 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥25 x 109/l

Proseguimento del trattamento con lenalidomide e melfalan al livello di dose -1

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 30 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥30 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose successiva più bassa (livello di dose -2 o -3) una volta al giorno.

 

Neutropenia

Variazione della conta dei neutrofili

Procedura raccomandataa

Prima riduzione a <0,5 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥0,5 x 109/l, se la neutropenia è l'unica tossicità osservata

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose iniziale una volta al giorno

Ritorno a ≥0,5 x 109/l, se si osservano tossicità ematologiche dose-dipendenti diverse da neutropenia

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide al livello di dose -1 una volta al giorno

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 0,5 x 109/l

Sospensione del trattamento con la lenalidomide

Ritorno a ≥0,5 x 109/l

Proseguimento del trattamento con la lenalidomide alla dose successiva più bassa una volta al giorno.

a A discrezione del medico, se la neutropenia è l'unica tossicità comparsa a qualsiasi livello di dose, viene somministrato il fattore stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) e mantenuto il livello di dose della lenalidomide.

 

Mieloma multiplo (MM) con almeno una precedente terapia, sindrome mielodisplastica (MDS) e linfoma mantellare (MCL)

Per le indicazioni «MM dopo almeno una precedente terapia» o “MDS”, in caso di trombocitopenia con calo dei valori a <25 x 109/l, o neutropenia con calo dei valori a <0,5 x 109/l, il trattamento con la lenalidomide deve essere sospeso.

Per l'indicazione “MCL”, in caso di trombocitopenia con calo dei valori a <50 x 109/l, o neutropenia con calo dei valori a <0,5 x 109/l, o a <1 x 109/l per almeno 7 giorni, o a <1 x 109/l con associata temperatura ≥38,5 °C, il trattamento con la lenalidomide deve essere sospeso.

Dopo la normalizzazione della conta piastrinica/dei neutrofili, il trattamento deve essere continuato al dosaggio successivo più basso. In caso di ricomparsa, la dose deve essere ulteriormente ridotta. In caso di comparsa di tossicità al di sotto del dosaggio più basso, il trattamento con la lenalidomide deve essere interrotto.

Nel MM dopo almeno una precedente terapia, la prima riduzione della dose è 15 mg/die, in caso di nuova tossicità 10 mg/die e successivamente 5 mg/die.

Nella MDS la prima riduzione della dose è 5 mg/die, in caso di nuova comparsa si raccomanda una seconda riduzione della dose di 2,5 mg al giorno o 5 mg ogni 2 giorni. In caso di ricomparsa della tossicità, si raccomanda una terza riduzione della dose a 5 mg due volte alla settimana.

Nei pazienti con MCL che dopo più di 3 mesi di trattamento con la lenalidomide a una dose più bassa non hanno evidenziato alcuna risposta si deve considerare il passaggio a un'altra terapia.

 

Linfoma follicolare (FL)

Livelli di riduzione della dose

 

Lenalidomide

Dose inizialea

20 mg una volta al giorno nei giorni 1-21 ogni 28 giorni

Livello di dose -1

15 mg una volta al giorno nei giorni 1-21 ogni 28 giorni

Livello di dose -2

10 mg una volta al giorno nei giorni 1-21 ogni 28 giorni

Livello di dose -3

5 mg una volta al giorno nei giorni 1-21 ogni 28 giorni

Livello di dose -4 b

2,5 mg una volta al giorno nei giorni 1-21 ogni 28 giorni o 5 mg ogni 48 ore

a Per la dose iniziale in pazienti con disturbi della funzionalità renale, vedere la sezione seguente.

bSolo per la dose iniziale regolata in pazienti con insufficienza renale moderata.

 

Trombocitopenia

Variazione della conta piastrinica

Procedura raccomandata

Prima riduzione a <50 x 109/l

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio settimanale del quadro emocromocitometrico completo

Ritorno a ≥50 x 109/l

Ripresa del trattamento con lenamidolide al livello di dose -1 (giorni 1-21 del ciclo di 28 giorni).

Per ogni successiva riduzione a <50 x 109/l

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio settimanale del quadro emocromocitometrico completo.

Ritorno a ≥50 x 109/l

Ripresa del trattamento con lenalidomide alla dose successiva più bassa (livello di dose -2 o -3 una volta al giorno). Non scendere al di sotto del livello di dose -3. Se la dose iniziale era di 10 mga, non scendere al di sotto del livello di dose -4.

a vedere la sezione “Pazienti con disturbi della funzionalità renale”

 

Neutropenia

Variazione della conta dei neutrofili

Procedura raccomandataa

Prima riduzione a <1,0 x 109/l per almeno 7 giorni OPPURE

riduzione a <1,0 x 109/l associata a febbre ≥38,5 °C) OPPURE

riduzione a <0,5 x 109/l

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio del quadro emocromocitometrico completo almeno ogni 7 giorni

Ritorno a ≥1,0 x 109/l

Ripresa del trattamento con lenalidomide alla dose successiva più bassa (livello di dose -1)

Per ogni successiva riduzione al di sotto di 1,0 x 109/l per almeno 7 giorni o riduzione a <1,0 x 109/l associata a febbre (temperatura corporea ≥38,5 °C) o riduzione a <0,5 x 109/l

Sospensione del trattamento con lenalidomide e monitoraggio del quadro emocromocitometrico completo almeno ogni 7 giorni

Ritorno a ≥0,5 x 109/l

Ripresa del trattamento con lenalidomide alla dose successiva più bassa (livello di dose -2 o -3). Non scendere al di sotto del livello di dose -3. Se la dose iniziale era di 10 mg, non scendere al di sotto del livello di dose -4.

ª A discrezione del medico, se la neutropenia è l'unica tossicità comparsa a qualsiasi livello di dose, viene somministrato il fattore stimolante le colonie granulocitarie (G-CSF) e mantenuto il livello di dose della lenalidomide.

vedere la sezione “Pazienti con disturbi della funzionalità renale”

 

Altri motivi

In caso di comparsa di eruzione cutanea non esfoliativa (con formazione di vesciche) di grado 3, di neuropatia di grado 3 o di una reazione allergica di grado 2, la terapia deve essere sospesa. Dopo la regressione di tali manifestazioni fino a ≤ grado 1, la terapia può essere ripresa al livello di dose successivo più basso.

In caso di comparsa di eruzione cutanea esfoliativa (con formazione di vesciche), di eruzione cutanea non esfoliativa (con formazione di vesciche) di grado 4, di neuropatia di grado 4 o di una reazione allergica ≥ grado 3, il trattamento con la lenalidomide deve essere interrotto.

In caso di comparsa di stipsi (≥ grado 3), la terapia deve essere sospesa e deve essere istituito un trattamento per tale sintomo. Dopo la regressione della stipsi fino a ≤ grado 2, la terapia può essere ripresa al livello di dose successivo più basso.

In caso di comparsa di trombosi venosa/embolia (≥ grado 3), la terapia deve essere sospesa e deve essere istituito un trattamento anticoagulante. La terapia può essere ripresa a giudizio del medico (mantenimento del livello di dose).

In caso di angioedema, anafilassi, eruzione cutanea di grado 4, eruzione cutanea esfoliativa o bollosa o in caso di sospetta sindrome di Stevens-Johnson (SJS), necrolisi epidermica tossica (TEN) o reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS), si deve interrompere il trattamento con la lenalidomide; dopo l'interruzione dovuta a queste reazioni, il trattamento non deve essere più ripreso.

 

Altre tossicità di grado 3/4

In caso di comparsa di altre tossicità di grado 3/4 attribuite alla lenalidomide, il trattamento deve essere interrotto ed eventualmente ripreso dopo che la tossicità è regredita a ≤ grado 2, a giudizio del medico, alla dose successiva più bassa.

 

Istruzioni posologiche speciali

Pazienti con disturbi della funzionalità epatica

La lenalidomide non è stato studiato in pazienti con disturbi della funzionalità epatica e non vi sono specifiche raccomandazioni posologiche.

 

Pazienti con disturbi della funzionalità renale

In caso di insufficienza renale lieve (ClCr 80-60 ml/min) non è necessario un aggiustamento della dose.

Per il trattamento dei pazienti con MM a una dose iniziale di 25 mg, per i pazienti con linfoma follicolare a una dose iniziale di 20 mg e per i pazienti con MM o MDS a una dose iniziale di 10 mg, si raccomandano, all'inizio e nel corso della terapia, i seguenti aggiustamenti della dose in caso di insufficienza renale moderata (30≤ ClCr <60 ml/min) o grave (ClCr <30 ml/min) o insufficienza renale allo stadio terminale:

 

Funzionalità renale (ClCr)

Aggiustamento della dose

 

Dose iniziale 25 mg

Dose iniziale 20 mg

Dose iniziale 10 mg

Funzionalità renale nella norma/insufficienza renale lieve (ClCr60 ml/min)

25 mg/die

20 mg/die

10 mg/die

Insufficienza renale moderata

(ClCr da ≤30 a <60 ml/min)

10 mga/die

10 mg/die

5 mg/die

Insufficienza renale grave (ClCr <30 ml/min, senza necessità di dialisi)

7,5 mg/die o 15 mgb ogni 48 ore

Nessun dato disponibile

2,5 mg/die o 5 mg ogni 48 ore

Insufficienza renale allo stadio terminale (ClCr <30 ml/min, con necessità di dialisi)

5 mg/die;

Nei giorni di dialisi, la dose deve essere somministrata dopo la seduta di dialisi.

Nessun dato disponibile

2,5 mg/die o 5 mg tre volte alla settimana;

Nei giorni di dialisi, la dose deve essere somministrata dopo la seduta di dialisi.

a Dopo 2 cicli la dose può essere aumentata a 15 mg/die, qualora il paziente non risponda al trattamento ma tolleri il medicamento.

b La dose può essere aumentata a 10 mg/die, qualora il paziente tolleri il medicamento.

c Dopo 2 cicli la dose può essere aumentata a 15 mg/die, qualora il paziente tolleri il medicamento.

 

Nel trattamento dei pazienti affetti da MCL, si prevede un effetto della funzionalità renale sul livello plasmatico del principio attivo della lenalidomide analogo a quello osservato nei pazienti affetti da MM, MDS e FL. Nei pazienti affetti da MCL con disturbo della funzionalità renale deve essere considerata una corrispondente riduzione della dose. Nei pazienti affetti da MCL con clearance della creatinina tra 30 e 60 ml/min si deve prestare attenzione a non superare la dose iniziale di 10 mg.

 

Pazienti anziani

Non sono necessari aggiustamenti della dose. Poiché nei pazienti anziani è prevedibile una riduzione della funzionalità renale, è necessario un monitoraggio regolare di tale funzionalità. La lenalidomide è stato utilizzato negli studi clinici in pazienti fino a 95 anni d'età.

 

Pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato, non eleggibili al trapianto

Per i pazienti di età superiore a 75 anni trattati con lenalidomide in associazione con desametasone, la dose iniziale del desametasone è di 20 mg/die nei giorni 1, 8, 15 e 22 di ogni ciclo di trattamento di 28 giorni.

Non si raccomandano aggiustamenti della dose per i pazienti di età superiore a 75 anni trattati con lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone.

 

Bambini e adolescenti

La lenalidomide non è stato studiato nei pazienti pediatrici e non deve perciò essere utilizzato in questa fascia d'età.

 

Modo di somministrazione

Le capsule della lenalidomide devono essere assunte circa alla stessa ora, con o senza cibo, con un po' d'acqua. Le capsule non devono essere aperte o masticate. Lavarsi le mani subito dopo il contatto con le capsule. Prestare attenzione per evitare che la polvere contenuta nelle capsule (ad es. se la capsula è danneggiata) venga inspirata o entri in contatto con la cute o le mucose. In caso di contatto cutaneo, lavare la zona interessata con acqua e sapone; in caso di contatto oculare, sciacquare con acqua.

Se il paziente dimentica di assumere una dose della lenalidomide e sono trascorse meno di 12 ore dall'ora prevista per la sua assunzione, può ancora prendere la dose. Se invece sono trascorse più di 12 ore, il paziente non deve prendere la dose dimenticata, ma aspettare il giorno seguente e assumere la dose successiva alla solita ora. Non devono essere prese 2 dosi contemporaneamente.

 

Controindicazioni

Gravidanza.

Donne potenzialmente fertili, a meno che non siano rispettate tutte le condizioni del Programma di prevenzione della gravidanza (vedere «Avvertenze e misure precauzionali»).

Ipersensibilità alla lenalidomide o a uno qualsiasi degli eccipienti.

 

Avvertenze e misure precauzionali

Programma di prevenzione della gravidanza

Programma per le pazienti di sesso femminile

Le condizioni del Programma di prevenzione della gravidanza devono essere soddisfatte per tutte le pazienti, a meno che non vi siano prove certe che la paziente non è in grado di concepire.

 

Criteri per stabilire che una donna non sia potenzialmente fertile

Una paziente di sesso femminile o la partner di un paziente di sesso maschile è considerata potenzialmente fertile a meno che non sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

·Età ≥50 anni e amenorrea naturale per ≥1 anno*

·Insufficienza ovarica precoce confermata

·Pregressa salpingo-ovariectomia bilaterale, sterilizzazione tubarica o isterectomia

·Genotipo XY, sindrome di Turner, aplasia uterina

* L'amenorrea conseguente a una terapia antitumorale non esclude la potenziale fertilità.

 

Orientamento

La lenalidomide è controindicata per le donne potenzialmente fertili a meno che non siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

·La paziente è consapevole del rischio teratogeno atteso per il feto.

·La paziente è consapevole della necessità di adottare metodi contraccettivi efficaci, senza interruzione, almeno 4 settimane prima di iniziare il trattamento, per l'intera durata del trattamento (inclusi i periodi di interruzione del trattamento) e fino a 4 settimane dopo la fine del trattamento.

·Anche in presenza di amenorrea, una paziente potenzialmente fertile deve seguire tutte le raccomandazioni per una contraccezione efficace.

·La paziente deve essere in grado di attenersi a misure contraccettive efficaci.

·La paziente è informata e consapevole delle conseguenze di una gravidanza e della necessità di consultare immediatamente il medico in caso di presunta gravidanza.

·La paziente è consapevole della necessità e accetta di sottoporsi a test di gravidanza ogni 4 settimane.

·La paziente dichiara di avere compreso i rischi e le misure di sicurezza necessarie associate all'assunzione di lenalidomide.

 

In caso di donne potenzialmente fertili, il medico prescrivente deve assicurarsi che

·La paziente soddisfi i criteri sopra indicati.

·La paziente rispetti le condizioni per la prevenzione della gravidanza, compresa la conferma che la paziente abbia un adeguato livello di comprensione.

·La paziente abbia utilizzato misure contraccettive sufficienti per almeno 4 settimane prima dell'inizio del trattamento, e che continui a utilizzare misure contraccettive efficaci per l'intera durata del trattamento (inclusi i periodi di interruzione del trattamento) e per almeno 4 settimane dopo la fine del trattamento. Le pazienti che necessitano di un trattamento immediato con la lenalidomide devono adottare una contraccezione adeguata, compreso l'uso del preservativo durante i 7 giorni precedenti l'inizio del trattamento.

·L'esito del test di gravidanza prima dell'inizio del trattamento sia negativo.

 

Contraccezione

Le donne potenzialmente fertili devono utilizzare metodi contraccettivi efficaci per 4 settimane prima dell'inizio del trattamento, per l'intera durata del trattamento (inclusi i periodi di interruzione del trattamento) e fino a 4 settimane dopo la fine del trattamento. Le pazienti che necessitano di un trattamento immediato con la lenalidomide devono adottare una contraccezione efficace, compreso l'uso del preservativo durante i 7 giorni precedenti l'inizio del trattamento. Nel caso in cui non sia stata già iniziata una terapia anticoncezionale efficace, la paziente deve essere indirizzata a un consultorio medico per ricevere una consulenza completa riguardo ai metodi contraccettivi efficaci.

Le procedure seguenti possono essere considerate metodi contraccettivi efficaci:

-Metodi indipendenti dalla paziente:

·Impianto

·Medrossiprogesterone acetato depot

·Sterilizzazione

-Metodi dipendenti dalla paziente:

·Astinenza dai rapporti sessuali eterosessuali

·Rapporti eterosessuali solo con partner di sesso maschile vasectomizzati; la vasectomia deve essere confermata da due analisi negative del liquido seminale

·Contraccettivi orali contenenti solo progesterone.

A causa dell'aumentato rischio di tromboembolia venosa con la lenalidomide, è sconsigliato l'uso di contraccettivi orali di tipo combinato. Qualora la paziente utilizzi già contraccettivi orali di tipo combinato, si deve considerare il passaggio a un diverso metodo contraccettivo. Il rischio di tromboembolia venosa permane per 4-6 settimane dopo la sospensione del contraccettivo orale di tipo combinato. Qualora non sia possibile utilizzare altri metodi, si deve considerare una profilassi trombotica durante l'uso continuato dei contraccettivi orali di tipo combinato. La paziente deve essere adeguatamente informata in merito al rischio di tromboembolia venosa.

I sistemi intrauterini presentano un aumentato rischio di infezioni al momento dell'inserimento e possono causare sanguinamenti vaginali irregolari. Questi metodi non sono perciò raccomandati.

 

Test di gravidanza

Nelle pazienti potenzialmente fertili, si devono eseguire test di gravidanza con una sensibilità minima per l'hCG di 25 UI/ml.

Ogni caso di paziente con un test di gravidanza positivo deve essere immediatamente notificato allo Swiss Teratogen Information Service (STIS) di Losanna, utilizzando il formulario «Notifica di reazioni avverse (RA) da farmaci» di Swissmedic.

 

- Prima di iniziare il trattamento

Un test di gravidanza deve essere eseguito durante il consulto in cui viene prescritta la lenalidomide, oppure nei tre giorni precedenti la visita dal medico prescrivente, dopo che la paziente ha usato un metodo contraccettivo efficace per almeno 4 settimane. Il test deve garantire che la paziente non sia in stato di gravidanza al momento di iniziare il trattamento con la lenalidomide.

 

- Prima di iniziare il trattamento, se è necessario un trattamento immediato

Deve essere eseguito immediatamente un test quantitativo dell'hCG nel siero. Dopo una contraccezione efficace, compreso l'uso del preservativo per 7 giorni, questo test deve essere ripetuto. Qualora entrambi i test confermino che la paziente non è in gravidanza, è possibile iniziare il trattamento.

 

- Durante il trattamento e al termine del trattamento

Un test di gravidanza deve essere ripetuto ogni 4 settimane e anche 4 settimane dopo la fine del trattamento. Questi test di gravidanza devono essere eseguiti durante la visita medica per la prescrizione della lenalidomide, oppure nei tre giorni precedenti.

Idealmente, i test di gravidanza, la prescrizione e la dispensazione della lenalidomide dovrebbero essere eseguiti nello stesso giorno. La dispensazione della lenalidomide deve essere effettuata entro un massimo di 7 giorni dopo la prescrizione.

 

Programma per i pazienti di sesso maschile

I dati preclinici dimostrano che nei pazienti di sesso maschile trattati con la lenalidomide, il principio attivo della lenalidomide è presente nel liquido seminale. I pazienti di sesso maschile con partner potenzialmente fertili devono quindi usare il preservativo durante i rapporti sessuali, nel corso del trattamento con la lenalidomide e per almeno 7 giorni dopo il termine del trattamento. Gli uomini che assumono la lenalidomide devono soddisfare le seguenti condizioni:

·I pazienti devono essere consapevoli del rischio teratogeno atteso in caso di rapporto sessuale con una donna potenzialmente fertile.

·I pazienti devono essere consapevoli della necessità e accettare di utilizzare i preservativi per l'intera la durata del trattamento (inclusi i periodi di interruzione del trattamento) e per 7 giorni dopo la fine del trattamento, nel caso in cui abbiano rapporti sessuali con una donna potenzialmente fertile.

Il medico prescrivente deve assicurarsi che i pazienti di sesso maschile siano consapevoli della necessità e accettino di utilizzare preservativi per l'intera la durata del trattamento (inclusi i periodi di interruzione del trattamento) e per 7 giorni dopo la fine del trattamento, nel caso in cui abbiano rapporti sessuali con una donna potenzialmente fertile.

I pazienti non devono donare liquido seminale durante il trattamento con la lenalidomide e per i 7 giorni successivi.

 

Ulteriori precauzioni di impiego

I pazienti devono essere istruiti a non dare mai questo medicamento ad altre persone e a restituire al medico o al farmacista le capsule non utilizzate dopo la fine del trattamento.

I pazienti non devono donare sangue durante la terapia e per almeno 1 settimana dopo la sospensione di lenalidomide.

 

 

Altre avvertenze e misure precauzionali

Neutropenia e trombocitopenia

La neutropenia e la trombocitopenia sono tra le più importanti tossicità dose-limitanti della lenalidomide. Deve essere perciò eseguito un esame emocromocitometrico con formula leucocitaria, conta piastrinica, concentrazione di emoglobina ed ematocrito.

Può essere necessaria una sospensione del trattamento e/o una riduzione della dose (vedere «Posologia/impiego»). I pazienti neutropenici devono essere monitorati per rilevare eventuali segni di infezione. I pazienti e i medici sono invitati a tenere sotto osservazione eventuali segni e sintomi di sanguinamento, incluse petecchie ed epistassi, soprattutto in caso di utilizzo concomitante di medicamenti che possono aumentare il rischio di sanguinamento. Qualora si osservi tale tossicità, devono essere attuate misure adeguate.

Nei pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato, che sono eleggibili al trapianto e assumono la lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone, il quadro emocromocitometrico deve essere valutato ogni 7 giorni (una volta alla settimana) durante il primo ciclo di trattamento e in seguito prima di iniziare ciascun ciclo successivo. In caso di continuazione del trattamento con la lenalidomide in associazione con desametasone, si richiedono controlli mensili (ogni 4 settimane).

Nei pazienti con mieloma multiplo sottoposti a trapianto autologo di cellule staminali che assumono la lenalidomide, la valutazione del quadro emocromocitometrico deve essere eseguita ogni 7 giorni (una volta alla settimana) durante i primi due cicli di 28 giorni, ogni 2 settimane (giorno 1 e giorno 15) durante il terzo ciclo di 28 giorni e successivamente ogni 28 giorni (4 settimane).

Nei pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato che non sono eleggibili al trapianto e che assumono la lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone, la valutazione del quadro emocromocitometrico deve essere eseguita ogni 7 giorni (1 settimana) nel primo ciclo (28 giorni), ogni 14 giorni (2 settimane) fino al termine di 9 cicli e successivamente ogni 28 giorni (4 settimane).

Nei pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato che non sono eleggibili al trapianto e che assumono la lenalidomide in associazione con desametasone, la valutazione del quadro emocromocitometrico deve essere eseguita ogni 7 giorni (una volta alla settimana) durante i primi 2 cicli, il giorno 1 e il giorno 15 del terzo ciclo e successivamente ogni 28 giorni (4 settimane).

Nei pazienti con mieloma multiplo sottoposti ad almeno una precedente terapia e che assumono la lenalidomide in associazione con desametasone, un controllo del quadro emocromocitometrico deve essere eseguito ogni 14 giorni (2 settimane) nelle prime 12 settimane e successivamente una volta al mese.

Nei pazienti che assumono la lenalidomide per il trattamento della MDS con anomalia da delezione del 5q, un controllo del quadro emocromocitometrico deve essere eseguito una volta alla settimana nelle prime 8 settimane e successivamente una volta al mese.

Nei pazienti che assumono la lenalidomide per il trattamento del MCL, la valutazione del quadro emocromocitometrico deve essere eseguita una volta alla settimana nel primo ciclo (28 giorni), ogni 2 settimane durante i cicli 2-4 e successivamente una volta al mese.

Nei pazienti con linfoma follicolare precedentemente trattato sottoposti a terapia con la lenalidomide e rituximab, il monitoraggio deve essere effettuato una volta alla settimana nelle prime 3 settimane del ciclo 1 (28 giorni), ogni 2 settimane dal ciclo 2 al ciclo 4 compreso e poi all'inizio di ogni ciclo successivo.

 

Infezioni con o senza neutropenia

I pazienti affetti da mieloma multiplo sono soggetti allo sviluppo di infezioni, inclusa la polmonite. Durante il trattamento con lenalidomide in associazione con desametasone è stata osservata una percentuale più elevata di infezioni, rispetto al trattamento con MPT. Infezioni di grado ≥3 si sono verificate nel contesto della neutropenia in meno di un terzo dei pazienti. I pazienti con fattori di rischio noti per la comparsa di infezioni devono essere monitorati attentamente. Tutti i pazienti devono essere avvertiti di consultare immediatamente il medico al primo segno di infezione (ad es. tosse, febbre, ecc.), affinché un trattamento tempestivo possa ridurne la gravità.

In casi rari, nei pazienti trattati con la lenalidomide con pregressa infezione da virus dell'epatite B (HBV), è stata segnalata la riattivazione dell'epatite B. Alcuni di questi casi sono progrediti in insufficienza epatica acuta, che ha richiesto l'interruzione del trattamento con la lenalidomide e un adeguato trattamento antivirale. Lo stato virale dell'epatite B deve essere stabilito prima di iniziare il trattamento con la lenalidomide. Per i pazienti che risultano positivi al test per l'infezione da HBV, si raccomanda di consultare un medico esperto nel trattamento dell'epatite B. L'uso della lenalidomide in pazienti con pregressa infezione da HBV richiede cautela. Questi pazienti devono essere attentamente monitorati per l'intera durata del trattamento, per rilevare segni e sintomi di infezione da HBV attiva.

Quando la lenalidomide è stata somministrata a pazienti di età superiore a 75 anni, con stadio ISS III, PS ≥2 valutato secondo i criteri ECOG, o ClCr <60 ml/min nell'ambito di una terapia combinata, il tasso di intolleranza (eventi avversi di grado 3 o 4, eventi avversi seri, interruzione del trattamento) è risultato più elevato. La capacità dei pazienti di tollerare la terapia combinata con lenalidomide deve essere attentamente valutata in considerazione dell'età e delle ulteriori comorbidità.

 

Eventi tromboembolici venosi e arteriosi

Nei pazienti con mieloma multiplo, l'associazione di lenalidomide e desametasone o altre chemioterapie (ad es. melfalan e prednisone) è correlata a un aumentato rischio di eventi tromboembolici venosi (principalmente trombosi venosa profonda ed embolia polmonare). Il rischio di eventi tromboembolici venosi è minore con la terapia di mantenimento nel mieloma multiplo dopo trapianto autologo di cellule staminali (ASCT), nei pazienti affetti da MDS e MCL trattati con la lenalidomide in monoterapia e nei pazienti con FL in terapia R2.

Esiste un aumentato rischio di eventi tromboembolici arteriosi (principalmente infarto miocardico ed eventi cerebrovascolari) nei pazienti con mieloma multiplo sottoposti a una terapia combinata con lenalidomide e desametasone e, in misura minore, in caso di associazione di lenalidomide con melfalan e prednisone.

Il rischio di eventi tromboembolici arteriosi è inferiore nei pazienti con mieloma multiplo che ricevono la lenalidomide come terapia di mantenimento dopo il trapianto autologo di cellule staminali, rispetto ai pazienti con mieloma multiplo trattati con la lenalidomide in terapia combinata (con desametasone oppure con melfalan e prednisone).

Pertanto, i pazienti con fattori di rischio noti per la comparsa di tromboembolia, compresa una precedente trombosi, devono essere monitorati attentamente. I pazienti devono essere perciò avvertiti di consultare il medico nel caso in cui compaiano sintomi quali respiro corto, tosse, dolore toracico o dolore e/o gonfiore alle braccia e alle gambe. Devono essere adottate misure per ridurre al minimo tutti i fattori di rischio modificabili (ad es. smettere di fumare, controllo dell'ipertensione e dell'iperlipidemia).

Anche la somministrazione concomitante di agenti eritropoietici o un'anamnesi di eventi tromboembolici possono aumentare il rischio di trombosi in questi pazienti. Pertanto, nei pazienti con mieloma multiplo che assumono lenalidomide con desametasone, gli agenti eritropoietici o altri agenti che possono aumentare il rischio di trombosi, come ad es. una terapia ormonale sostitutiva, devono essere usati con cautela. In caso di concentrazione di emoglobina superiore a 11 g/dl, l'uso degli agenti eritropoietici deve essere interrotto.

Deve essere raccomandato l'impiego di medicamenti per la profilassi antitrombotica, in particolare per i pazienti con ulteriori fattori di rischio tromboembolico.

La decisione di adottare misure profilattiche antitrombotiche deve essere presa dopo un'attenta valutazione del singolo paziente.

Qualora si verifichi un evento tromboembolico, il trattamento con la lenalidomide deve essere interrotto e si deve iniziare una terapia anticoagulante standard. Una volta che il paziente è stato stabilizzato, il trattamento con la lenalidomide può essere ripreso, se necessario, mantenendo la terapia anticoagulante.

 

Ipertensione arteriosa polmonare

Nei pazienti trattati con lenalidomide sono stati segnalati casi di ipertensione arteriosa polmonare, alcuni dei quali hanno avuto esito fatale. I pazienti devono quindi essere esaminati per individuare segni e sintomi di malattie cardiopolmonari preesistenti prima di iniziare e anche durante la terapia con lenalidomide.

 

Infarto miocardico

Sono stati segnalati casi di infarto miocardico in pazienti trattati con la lenalidomide, in particolare in pazienti con fattori di rischio noti. I pazienti con fattori di rischio noti, compresa una pregressa trombosi, devono essere monitorati attentamente e devono essere adottate misure per ridurre al minimo tutti i fattori di rischio modificabili (ad es. fumo, ipertensione e iperlipidemia).

 

Secondi tumori primari (SPM)

Sulla base di un esiguo numero di casi, negli studi clinici è stato osservato uno squilibrio numerico nei pazienti precedentemente trattati affetti da mieloma multiplo in terapia con lenalidomide/desametasone, rispetto ai controlli; si è trattato principalmente di carcinomi cutanei basocellulari o squamocellulari.

Negli studi clinici in pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi è stato osservato un aumento di secondi tumori primari invasivi, comprese AML e MDS; i casi diagnosticati si sono manifestati in pazienti trattati con lenalidomide in associazione con melfalan (frequenza del 5,3%) o immediatamente dopo terapia con melfalan ad alto dosaggio e ASCT (frequenza del 7,5%). La frequenza osservata dei casi di AML e MDS nel braccio trattato con lenalidomide/desametasone è stata pari allo 0,4%.

Casi di neoplasie dei linfociti B (incluso il linfoma di Hodgkin) sono stati osservati negli studi clinici in cui i pazienti hanno ricevuto la lenalidomide dopo ASCT.

È stato osservato un aumento di SPM solidi nei pazienti trattati con la lenalidomide immediatamente dopo melfalan ad alto dosaggio (HDM) per via endovenosa e ASCT (frequenza del 7,7%).

Negli studi clinici in pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi trattati con lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone, la frequenza di SPM ematologici era compresa tra lo 0,0% e lo 0,8%, mentre la frequenza di SPM solidi era compresa tra lo 0,4% e il 4,5%.

Nei pazienti affetti da FL trattati con lenalidomide in associazione con rituximab, la frequenza di SPM ematologici era dello 0,7%, mentre la frequenza di SPM solidi era dell' 1,4%.

Prima di iniziare il trattamento con la lenalidomide deve essere considerato sia il beneficio conseguito con la lenalidomide sia il rischio di secondi tumori primari. Il medico deve valutare attentamente i pazienti prima e durante il trattamento, utilizzando le misure di screening oncologico standard, relativamente alla comparsa di secondi tumori primari ed eventualmente istituire una terapia.

 

Patologie epatiche

Nei pazienti trattati con lenalidomide in associazione con desametasone è stata segnalata insufficienza epatica, inclusi casi con esito fatale: insufficienza epatica acuta, epatite tossica, epatite citolitica, epatite colestatica ed epatite mista citolitica/colestatica. I meccanismi di epatotossicità grave indotta da farmaco restano sconosciuti, sebbene in alcuni casi un'epatopatia virale preesistente, elevati valori degli enzimi epatici al basale ed eventualmente il trattamento con antibiotici possano costituire fattori di rischio.

Sono state riferite con frequenza comune anomalie nei valori di funzionalità epatica, in genere asintomatiche e reversibili con la sospensione del trattamento. Non appena i parametri di funzionalità epatica tornano al livello basale, si può considerare di riprendere il trattamento a una dose più bassa.

La lenalidomide è escreta per via renale. Nei pazienti con ridotta funzionalità renale è importante aggiustare la dose, al fine di evitare il raggiungimento di livelli plasmatici che potrebbero aumentare il rischio di effetti indesiderati ematologici o epatotossicità più frequenti. Si raccomanda pertanto di monitorare la funzionalità epatica, in particolare in caso di precedente o concomitante infezione epatica virale oppure quando la lenalidomide è somministrata in associazione con medicamenti noti per essere associati a disturbi della funzionalità epatica.

 

Reazioni allergiche e reazioni cutanee gravi

Sono stati segnalati casi di angioedema, anafilassi e reazioni dermatologiche gravi, incluse sindrome di Stevens-Johnson (SJS), necrolisi epidermica tossica (TEN) e reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici (DRESS). La sindrome DRESS può manifestarsi sotto forma di reazione cutanea (come eruzione cutanea o dermatite esfoliativa) associata a eosinofilia, febbre e/o linfoadenopatia con complicanze sistemiche quali epatite, nefrite, polmonite, miocardite e/o pericardite. Questi eventi possono avere esito fatale. In caso di eruzione cutanea di grado 2 o di grado 3, deve essere valutata la sospensione o l'interruzione del trattamento con la lenalidomide. In caso di angioedema, anafilassi, eruzione cutanea di grado 4, eruzione cutanea esfoliativa o bollosa o in caso di sospetta SJS, TEN o DRESS, si deve interrompere il trattamento con la lenalidomide; dopo l'interruzione dovuta a queste reazioni, il trattamento non deve essere più ripreso. I pazienti che hanno manifestato una grave eruzione cutanea di grado 4 in relazione a un trattamento con la talidomide non devono essere trattati con la lenalidomide.

 

Sindrome da lisi tumorale

Può verificarsi sindrome da lisi tumorale (TLS), anche nei pazienti affetti da linfoma. Durante il trattamento con lénalidomide sono stati segnalati casi fatali di sindrome da lisi tumorale.

I pazienti a rischio sono quelli con massa tumorale elevata prima del trattamento. Si raccomanda di monitorare attentamente tali pazienti durante il primo ciclo, o in caso di aumento della dose, e di adottare idonee misure precauzionali.

 

Tumour Flare Reaction

Si raccomandano un attento monitoraggio e una valutazione per la Tumour Flare Reaction (TFR). Una Tumour Flare Reaction può simulare una progressione della malattia (PD) e può essere fatale. Nello studio registrativo MCL-001, la TFR si è manifestata in circa il 10% dei pazienti; tutti i casi sono stati classificati con grado di gravità 1 o 2 e giudicati correlati al trattamento.

Il tasso di TFR nello studio NHL-007 è stato del 13,0%, con un evento corrispondente al grado 3. Nello studio NHL-008 il tasso è stato del 4,0%, con un evento grave tra i rimanenti eventi di grado 1 e 2. La maggior parte degli eventi si è verificata nel ciclo 1. In pazienti con TFR di grado 1 e 2 il trattamento con la lenalidomide può essere continuato, senza interruzioni o modificazioni, a discrezione del medico. Per la gestione dei sintomi della TFR, negli studi clinici MCL-001, NHL-007 e NHL-008 i pazienti con TFR di grado 1 e 2 sono stati trattati con corticosteroidi, farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) e/o analgesici narcotici. La decisione in merito alle misure terapeutiche deve essere presa dopo un'attenta valutazione clinica del singolo paziente. Nei pazienti con TFR di grado 3 o 4 si deve sospendere il trattamento con la lenalidomide fino alla regressione della TFR a ≤ grado 1. Per la gestione dei sintomi i pazienti possono essere trattati secondo le linee guida per la TFR di grado 1 e 2.

 

Morte precoce nei pazienti con MCL

Nello Studio MCL-002 è stato rilevato in generale un aumento evidente di decessi precoci (entro 20 settimane). I pazienti con massa tumorale elevata all'inizio del trattamento presentano un rischio maggiore di morte precoce (16/81 [20%] nel braccio lenalidomide e 2/28 [7%] nel braccio di controllo). Nell'arco di 52 settimane le cifre corrispondenti erano 32/81 (40%) e 6/28 (21%).

 

Reazioni di rigetto dopo trapianto d'organo

Nell'ambito dell'esperienza successiva all'omologazione, sono stati segnalati casi di rigetto di trapianto d'organo associati al trattamento con la lenalidomide, alcuni dei quali con esito fatale. Nella maggior parte dei casi la reazione di rigetto si è manifestata nei primi 2 mesi dopo l'inizio della terapia con la lenalidomide. I possibili fattori che hanno contribuito al rigetto del trapianto d'organo nei casi segnalati sono la malattia di base (ad es. amiloidosi), infezioni concomitanti e recente interruzione o riduzione della terapia immunosoppressiva. A causa dei limitati dati di sicurezza raccolti dopo l'omologazione, non è possibile stimare con affidabilità il tasso di incidenza delle reazioni di rigetto nei trapianti d'organo. In generale, dopo la comparsa di una reazione di rigetto il trattamento con la lenalidomide è stato definitivamente interrotto. Prima di iniziare la terapia con la lenalidomide nei pazienti sottoposti a trapianto d'organo, deve essere valutato il beneficio del trattamento rispetto al rischio di un possibile rigetto.

 

Disturbi della funzionalità tiroidea

Durante il trattamento con la lenalidomide sono stati osservati casi di ipotiroidismo e di ipertiroidismo (vedere «Effetti indesiderati»). Prima di iniziare il trattamento con la lenalidomide, si raccomanda pertanto un controllo ottimale delle comorbilità che possono influenzare la funzionalità tiroidea. Si raccomanda di monitorare la funzionalità tiroidea all'inizio del trattamento e durante il trattamento.

 

Elettrofisiologia cardiaca

Durante il trattamento con la lenalidomide è stato osservato un prolungamento dell'intervallo QTc all'ECG. Il trattamento concomitante con medicamenti che prolungano l'intervallo QT e il trattamento in pazienti con sindrome del QT lungo devono essere condotti solo con grande cautela e con un controllo regolare dell'ECG (vedere «Proprietà/effetti»).

 

Effetto immunosoppressivo

La lenalidomide esercita un effetto fortemente immunosoppressivo. Pertanto, l'assunzione concomitante di altri principi attivi immunomodulatori richiede cautela. L'effetto delle vaccinazioni può essere compromesso. Durante il trattamento con la lenalidomide non devono essere eseguite vaccinazioni con vaccini vivi, a causa del rischio di infezione.

 

Terapia combinata

Per indicazioni sugli altri medicamenti utilizzati in associazione con la lenalidomide, consultare la relativa informazione professionale.

 

Intolleranza al lattosio

Le capsule di Lenalidomid Accord contengono lattosio. I pazienti affetti da rari problemi ereditari di intolleranza al galattosio, da deficit totale di lattasi, o da malassorbimento di glucosio-galattosio, non devono assumere questo medicamento.

Questo medicamento contiene meno di 1 mmol di sodio (23 mg) per capsula, ovvero è quasi «privo di sodio».

 

Interazioni

Dato che la lenalidomide non è metabolizzata dagli enzimi di fase I e che si lega solo minimamente alle proteine plasmatiche, le interazioni mediate dal citocromo P450 e tramite il legame proteico sono improbabili.

Poiché la lenalidomide viene eliminata per secrezione tubulare attiva, sono possibili interazioni con altri medicamenti eliminati attivamente per tale via. Le esperienze con valori elevati di acido urico sono limitate.

La lenalidomide (10 mg) non ha prodotto alcun effetto sulla farmacocinetica di una dose singola di R- ed S-warfarin somministrata in concomitanza. Una dose singola da 25 mg di warfarin non ha prodotto alcun effetto sulla farmacocinetica della lenalidomide somministrata in concomitanza. Tuttavia, non è noto se si manifestino interazioni durante l'uso clinico. Si consiglia pertanto un attento monitoraggio della concentrazione del warfarin durante il trattamento.

Il trattamento con cumarine non è raccomandato per l'elevato rischio di trombocitopenia.

Il desametasone (40 mg/die) non ha avuto alcun effetto sulla farmacocinetica della lenalidomide.

La somministrazione concomitante di 10 mg di lenalidomide/die ha aumentato del 14% la disponibilità plasmatica della digossina (0,5 mg, dose singola) con un IC (intervallo di confidenza) al 90% [0,52% - 28,2%]. Non è noto se l'effetto possa essere diverso nel contesto terapeutico (dosi superiori di lenalidomide e trattamento concomitante con desametasone). Pertanto, durante il trattamento con la lenalidomide, è consigliato il monitoraggio della concentrazione di digossina.

La somministrazione concomitante di dosi ripetute di chinidina, un inibitore della P-gp, (600 mg, due volte al giorno) non ha un effetto clinicamente rilevante sulla farmacocinetica della lenalidomide (25 mg). La somministrazione concomitante di lenalidomide e temsirolimus, un inibitore/substrato della P-gp (25 mg) non modifica la farmacocinetica dei due medicamenti.

Gli agenti eritropoietici, o altri agenti che possono aumentare il rischio di trombosi, come ad es. la terapia ormonale sostitutiva, devono essere utilizzati con cautela nei pazienti con mieloma multiplo trattati con lenalidomide e desametasone.

 

Gravidanza, allattamento

Gravidanza

Non sono disponibili dati clinici sull'utilizzo della lenalidomide in gravidanza. La lenalidomide è strutturalmente correlata alla talidomide, un principio attivo con noto effetto teratogeno nell'uomo, che causa gravi difetti congeniti potenzialmente letali. In uno studio sullo sviluppo embriofetale condotto in scimmie gravide, la lenalidomide ha provocato malformazioni nella prole (vedere anche «Dati preclinici»). Nella specie umana è atteso un effetto teratogeno della lenalidomide. Per i dettagli sul Programma di prevenzione della gravidanza, vedere «Avvertenze e misure precauzionali».

Riguardo al trattamento di pazienti di sesso maschile, vedere «Avvertenze e misure precauzionali».

 

Allattamento

Non è noto se la lenalidomide sia escreta nel latte materno. Pertanto, la lenalidomide non deve essere utilizzato nelle donne che allattano, oppure si deve interrompere l'allattamento al seno.

 

Effetti sulla capacità di condurre veicoli e sull'impiego di macchine

Non sono stati effettuati studi in merito agli effetti sulla capacità di condurre veicoli e sull'impiego di macchine. Durante il trattamento con la lenalidomide possono manifestarsi effetti indesiderati, quali stanchezza, stordimento, sonnolenza e visione offuscata. Pertanto, ai pazienti si consiglia cautela nella partecipazione al traffico stradale e nell'impiego di macchine.

 

Effetti indesiderati

Mieloma multiplo

Pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato, eleggibili al trapianto e che hanno ricevuto lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone

Negli studi PETHEMA GEM2012 (braccio A e B combinati (RVD), n = 458) e IFM 2009 (braccio A (RVd), n = 356), durante il trattamento con lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone l'effetto indesiderato grave più comunemente osservato (≥5%) è stato:

·polmonite (5,9%) nello studio PETHEMA GEM2012.

Nello studio PETHEMA GEM2012, durante il trattamento con lenalidomide in associazione con bortezomib per via sottocutanea e desametasone, gli effetti indesiderati più comunemente osservati sono stati neuropatia periferica (35,2%), neutropenia (31,9%) e trombocitopenia (25,3%).

Nello studio IFM 2009, durante il trattamento con lenalidomide in associazione con bortezomib per via endovenosa e desametasone, gli effetti indesiderati più comunemente osservati sono stati neuropatia periferica (54,8%) e linfopenia (52,2%).

 

Pazienti con mieloma multiplo trattati con la lenalidomide dopo trapianto autologo di cellule staminali

In due studi di fase III in doppio cieco, controllati verso placebo, a due bracci (IFM 2005-02 e CALGB 100104), 517 pazienti hanno ricevuto la lenalidomide e 501 il placebo. Gli effetti collaterali dello studio CALGB 100104 comprendevano non solo eventi segnalati durante la fase della terapia di mantenimento, ma anche eventi segnalati dopo HDM/ASCT. Nello studio IFM 2005-02, i dati sugli effetti collaterali si riferiscono solamente alla fase della terapia di mantenimento.

Gli effetti indesiderati gravi osservati più frequentemente (≥5%) nella terapia di mantenimento con la lenalidomide, rispetto al placebo, sono stati:

·polmoniti (10,6%, termine collettivo)

·infezioni polmonari (9,4%)

Gli effetti indesiderati osservati in entrambi gli studi più frequentemente nella terapia di mantenimento con la lenalidomide, rispetto al placebo, sono stati: neutropenia (79,0%), trombocitopenia (72,3%), diarrea (54,5%), bronchite (47,4%), nasofaringite (34,8%), spasmi muscolari (33,4%), eruzione cutanea (31,7%), leucopenia (31,7%), astenia (29,7%), tosse (27,3%), infezioni delle vie respiratorie superiori (26,8%), affaticamento (22,8%), gastroenterite (22,5%), anemia (21,0%) e febbre (20,5%).

 

Pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato, non eleggibili al trapianto e che hanno ricevuto lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone

Nello studio SWOG S0777 (braccio B (RVd), n = 262), gli effetti indesiderati gravi osservati più frequentemente (≥5%) con lenalidomide in associazione con bortezomib per via endovenosa e desametasone, rispetto a lenalidomide in associazione con desametasone, sono stati:

·ipotensione arteriosa (6,5%), infezione polmonare (5,7%) e disidratazione (5,0%).

Gli effetti indesiderati osservati più frequentemente con lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone, rispetto a lenalidomide in associazione con desametasone, sono stati: affaticamento (73,7%), neuropatia periferica (71,8%), trombocitopenia (57,6%), stipsi (56,1%) e ipocalcemia (50,0%).

 

Pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato, che hanno ricevuto lenalidomide in associazione con desametasone a basso dosaggio

In uno studio di fase III in aperto, a 3 bracci, 535 pazienti hanno ricevuto lenalidomide in associazione con desametasone a basso dosaggio fino alla progressione della malattia (Rd), 541 pazienti hanno ricevuto lenalidomide in associazione con desametasone a basso dosaggio fino al termine di diciotto cicli di 28 giorni (Rd18) e 547 pazienti la terapia combinata con melfalan, prednisone e talidomide (MPT).

Gli effetti collaterali gravi osservati più frequentemente (≥5%) con lenalidomide in associazione con desametasone a basso dosaggio (Rd e Rd18), rispetto a melfalan, prednisone e talidomide (MPT), sono stati:

·polmonite (9,8%)

·insufficienza renale (anche acuta; 6,3%)

Gli effetti collaterali osservati più frequentemente con Rd o Rd18 rispetto a MPT sono stati: diarrea (45,5%), affaticamento (32,8%), dolore dorsale (32,0%), astenia (28,2%), insonnia (27,6%), eruzione cutanea (24,3%), mancanza di appetito (23,1%), tosse (22,7%), febbre (21,4%) e crampi muscolari (20,5%).

 

Pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattato, che hanno ricevuto lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone

In uno studio di fase III in doppio cieco, controllato verso placebo, a 3 bracci, sono state valutate la sicurezza e l'efficacia della terapia combinata con melfalan, prednisone e lenalidomide (MPR), seguita da monoterapia con lenalidomide come terapia di mantenimento. 152 pazienti hanno ricevuto una terapia di induzione con l'associazione MPR somministrata per via orale, seguita da lenalidomide come terapia di mantenimento (MPR+R), 153 pazienti hanno ricevuto una terapia di induzione con l'associazione MPR somministrata per via orale, seguita da terapia di mantenimento con placebo (MPR+p), e 154 pazienti hanno ricevuto una terapia di induzione con l'associazione MPp (MP + placebo) somministrata per via orale, seguita da una terapia di mantenimento con placebo (MPp+p).

Gli effetti collaterali gravi osservati più frequentemente (≥5%) con melfalan, prednisone e lenalidomide seguiti da terapia di mantenimento con lenalidomide (MPR+R) oppure con melfalan, prednisone e lenalidomide seguiti da placebo (MPR+p), rispetto a melfalan, prednisone e placebo seguiti da placebo (MPp+p), sono stati:

·neutropenia febbrile (6,0%)

·anemia (5,3%)

Gli effetti collaterali osservati più frequentemente con MPR+R o MPR+p rispetto a MPp+p sono stati: neutropenia (83,3%), anemia (70,7%), trombocitopenia (70,0%), leucopenia (38,8%), stipsi (34,0%), diarrea (33,3%), eruzione cutanea (28,9%), febbre (27,0%), edema periferico (25,0%), tosse (24,0%), mancanza di appetito (23,7%) e astenia (22,0%).

 

Pazienti con mieloma multiplo sottoposti ad almeno una precedente terapia

In studi di fase III controllati con placebo, 353 pazienti sono stati sottoposti al trattamento combinato lenalidomide/desametasone e 350 pazienti al trattamento combinato placebo/desametasone. In 325 pazienti (92%) nel gruppo lenalidomide/desametasone è stato osservato almeno un effetto collaterale, rispetto a 288 pazienti (82%) nel gruppo placebo/desametasone.

Gli effetti indesiderati più gravi osservati sono stati tromboembolia venosa (trombosi venosa profonda, embolia polmonare) e neutropenia di grado 4.

Gli effetti indesiderati osservati più frequentemente nel gruppo lenalidomide/desametasone sono stati neutropenia (39,4%, grado 4: 5,1%), trombocitopenia (18,4%, grado 3/4: 9,9%), affaticamento (27,2%), stipsi (23,5%), crampi muscolari (20,1%), astenia (17,6%), anemia (17,0%), diarrea (14,2%), eruzione cutanea (10,2%), insonnia (26,7%) e debolezza muscolare (10,1%). Neutropenia e trombocitopenia sono state prevalentemente dipendenti dalla dose e si sono risolte con una riduzione della dose.

 

Sindrome mielodisplastica

In uno studio di fase III controllato verso placebo, 69 pazienti hanno ricevuto una volta al giorno 10 mg di lenalidomide e 67 pazienti il placebo.

Gli effetti indesiderati più gravi osservati sono stati tromboembolia venosa (trombosi venosa profonda, embolia polmonare), neutropenia di grado 3-4, neutropenia febbrile e trombocitopenia di grado 3-4.

Gli effetti indesiderati osservati più frequentemente nel gruppo lenalidomide stati neutropenia (76,8%, grado 3-4: 75,4%), trombocitopenia (49,3%, grado 3-4: 40,6%), diarrea (37,7%), prurito (27,5%), nausea (20,3%), affaticamento (18,8%), stipsi (17,4%), spasmi muscolari (17,4%), febbre (15,9%), nasofaringite (14,5%), bronchite (14,5%) e cefalea (14,5%). Neutropenia e trombocitopenia sono state prevalentemente dipendenti dalla dose e si sono risolte con una riduzione della dose.

 

Linfoma mantellare

Nello studio registrativo condotto nel MCL, 134 pazienti in totale hanno ricevuto almeno una dose della lenalidomide. Le infezioni sono state la tipologia più frequente di eventi avversi gravi.

Tra le infezioni gravi, la polmonite è stata segnalata con la maggiore frequenza.

Gli effetti indesiderati osservati più frequentemente sono stati polmonite (14,2%; grado 3-4: 9%); infezioni delle vie respiratorie superiori (12,7%), neutropenia (48,5%; grado 3-4: 43,3%), trombocitopenia (35,8%; grado 3-4: 27,6%), anemia (30,6%; grado 3-4: 11,2%), leucopenia (14,9%; grado 3-4: 6,7%), diminuzione dell'appetito (14,2%), ipokaliemia (12,7%; grado 3-4: 2,2%), calo ponderale (12,7%), tosse (28,4%), dispnea (17,9%; grado 3-4: 6%), diarrea (31,3%; grado 3-4: 6%), nausea (29,9%), stipsi (15,7%), vomito (11,9%), eruzione cutanea (22,4%; grado 3-4: 1,5%), prurito (17,2%), dolore dorsale (13,4%; grado 3-4: 1,5%), spasmi muscolari (12,7%), affaticamento (33,6%; grado 3-4: 6,7%), febbre (23,1%; grado 3-4: 2,2%), edema periferico (15,7%) e astenia (14,2%; grado 3-4: 3%).

 

Linfoma follicolare (FL)

Il profilo di sicurezza generale della lenalidomide in associazione con rituximab in pazienti con linfoma follicolare precedentemente trattato si basa sui dati di 146 pazienti dello studio NHL-007 e 177 pazienti dello studio NHL-008.

Gli effetti collaterali più gravi osservati sono stati: neutropenia febbrile (2,7%), embolia polmonare (2,7%) e polmonite (2,7%).

Gli effetti collaterali più comunemente osservati nel gruppo trattato con lenalidomide e rituximab sono stati neutropenia (58,2%), diarrea (30,8%), leucopenia (28,8%), stipsi (21,9%), tosse (21,9%) e affaticamento (21,9%).

 

Gli effetti collaterali osservati nei pazienti con mieloma multiplo, sindrome mielodisplastica, linfoma mantellare e linfoma follicolare sono elencati di seguito secondo la Classificazione sistemica organica e la frequenza. All'interno di ciascuna classe di frequenza, gli effetti collaterali sono riportati in ordine di gravità discendente.

Indicazioni della frequenza: molto comune (≥1/10); comune (≥1/100, <1/10); non comune (≥1/1000, <1/100); raro (≥1/10'000, <1/1000), molto raro (<1/10'000).

 

Infezioni ed infestazioni

Molto comune: Bronchite (47,4%), nasofaringite (34,8%), infezioni delle vie respiratorie superiori (26,8%), gastroenterite (22,5%), infezioni neutropeniche (17,9%), polmoniti (17,1%), rinite (15,0%), sinusite (14,0%), influenza (13,3%), infezioni delle vie urinarie (11,6%).

Comune: Batteriemia, sepsi, infezioni locali e sistemiche (batteriche, virali o micotiche), cellulite, candidosi orale, infezione delle vie respiratorie, infezione polmonare, infezione delle vie respiratorie inferiori, enterocolite infettiva.

Non comune: Polmonite atipica, polmonite da Pneumocystis carinii, endocardite subacuta, herpes oftalmico, herpes zoster, infezione auricolare, candidosi esofagea, riattivazione virale* (virus dell'epatite B o herpes zoster).

Molto raro: Leucoencefalopatia multifocale progressiva*.

 

Tumori benigni, maligni e non specificati (cisti e polipi compresi)

Molto comune: Tumour Flare Reaction (13,0%).

Comune: Leucemia mieloide acuta, sindrome mielodisplastica, carcinoma cutaneo squamocellulare, carcinoma basocellulare, sindrome da lisi tumorale.

Non comune: Leucemia acuta a cellule T.

 

Patologie del sistema emolinfopoietico

Molto comune: Neutropenia (79,0%), trombocitopenia (72,3%), linfopenia (52,2%), anemia (43,8%), leucopenia (36,0%), neutropenia febbrile (17,4%).

Comune: Pancitopenia.

Non comune: Granulocitopenia, anemia emolitica, ritardo della coagulazione, monocitopenia, leucocitosi, linfoadenopatia.

 

Disturbi del sistema immunitario

Non comune: Ipogammaglobulinemia acquisita, angioedema*, reazione acuta del trapianto verso l'ospite (graft versus host)*.

Raro: Anafilassi*.

Frequenza non nota: Rigetto di trapianto d'organo.

 

Patologie endocrine

Comune: Sindrome di Cushing.

Non comune: Insufficienza surrenalica, ipotiroidismo, ipertiroidismo, aumento o riduzione del TSH, irsutismo.

 

Disturbi del metabolismo e della nutrizione

Molto comune: Ipocalcemia (50,0%), diminuzione dell'appetito (34,4%), iponatriemia (30,5%), ipokaliemia (29,0%), disidratazione (16,4%), calo ponderale (13,5%), iperglicemia (11,7%), ipoglicemia (10,7%).

Comune: Anoressia, ipomagnesiemia, ritenzione di liquidi, aumento ponderale, sovraccarico di ferro, ipofosfatemia, ipercalcemia, iperuricemia.

Non comune: Acidosi metabolica, diabete mellito, ipoalbuminemia, cachessia, gotta, iperfosfatemia, aumento dell'appetito.

 

Disturbi psichiatrici

Molto comune: Insonnia (32,8%), depressione (10,9%).

Comune: Stati confusionali, allucinazioni, sbalzi di umore, ansia, irritabilità, sonnolenza.

Non comune: Disturbi psicotici, ipomania, idee deliranti, diminuzione della libido, alterazioni della personalità, nervosismo, aggressività, incubi.

 

Patologie del sistema nervoso

Molto comune: Neuropatia periferica (71,8%), alterazione del gusto (30,2%), capogiro (29,4%), parestesia (22,5%), cefalea (15,4%).

Comune: Disturbo cerebrovascolare, sincope, stordimento, tremito, disturbi della memoria, nevralgia, disestesia, neuropatia periferica sensoriale.

Non comune: Ictus cerebrale, leucoencefalopatia, disturbi del linguaggio, disturbo dell'attenzione, disturbo dell'equilibrio, disturbo del movimento, parestesia orale, iperattività psicomotoria, anosmia, atassia, discinesia, disfunzione motoria, sindrome miastenica.

 

Patologie dell'occhio

Molto comune: Visione offuscata (16,0%), cataratta (13,7%).

Comune: Disturbi visivi, aumento del flusso lacrimale, congiuntivite.

Non comune: Cecità, arteriosclerosi retinica, trombosi venosa retinica, cheratite, irritazione oculare, occhi secchi.

 

Patologie dell'orecchio e del labirinto

Comune: Vertigini.

Non comune: Sordità, riduzione dell'udito, tinnito, dolore auricolare.

 

Patologie cardiache

Comune: Fibrillazione atriale, infarto miocardico*, insufficienza cardiaca.

Non comune: Insufficienza cardiaca congestizia, insufficienza valvolare, flutter atriale, trigeminismo ventricolare, bradicardia, tachicardia, prolungamento dell'intervallo QT, edema polmonare, aritmia.

 

Patologie vascolari

Molto comune: Ipotensione arteriosa (16,4%), trombosi venosa profonda (10,2%).

Comune: Ipertensione, flushing, ematoma.

Non comune: Collasso circolatorio, ischemia, flebite.

 

Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche

Molto comune: Dispnea (30,5%), tosse (29,4%).

Comune: Embolia polmonare, affanno, dolore pleuritico, ipossia, dolore orofaringeo, epistassi, rinorrea, disfonia, raucedine, singhiozzo.

Non comune: Asma, dolore toracico, ipertensione arteriosa polmonare.

Raro: Polmonite interstiziale.

 

Patologie epatobiliari

Molto comune: Anomalie nei test di funzionalità epatica quali aumento dell'alanina aminotransferasi (ALT; 25,6%), aumento dell'aspartato aminotransferasi (AST; 21,4%) o iperbilirubinemia (15,2%); aumento della fosfatasi alcalina ematica (25,2%).

Comune: Danno epatocellulare, epatotossicità, elevati livelli di bilirubina nel sangue

Non comune: Insufficienza epatica.

Frequenza non nota: Insufficienza epatica acuta, epatite tossica, epatite citolitica, epatite colestatica, epatite mista citolitica/colestatica.

 

Patologie gastrointestinali

Molto comune: Stipsi (56,1%), diarrea (54,5%), nausea (37,4%), dispepsia (19,1%), vomito (17,6%), dolore addominale (14,7%), stomatite (12,2%), secchezza della bocca (11,5%).

Comune: Ostruzione dell'intestino tenue, gastrite, distensione addominale, dolore all'addome superiore, flatulenza.

Non comune: Sanguinamenti gastrointestinali, colite, proctite, disfagia, emorroidi, dolore al cavo orale, sanguinamenti gengivali.

Raro: Pancreatite*.

 

Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo

Molto comune: Eruzione cutanea (31,7%), prurito (27,5%), secchezza cutanea (10,6%).

Comune: Edema facciale, eritema, follicolite, iperpigmentazione, esantema, aumento della sudorazione, alopecia, sudorazione notturna.

Non comune: Eritema nodoso, orticaria, eczema, ipercheratosi, screpolature cutanee, acne, lichen sclerosus, reazione di fotosensibilità, bruciore cutaneo, desquamazione cutanea.

Raro: Sindrome di Stevens-Johnson*, necrolisi epidermica tossica*.

Molto raro: Reazione da farmaci con eosinofilia e sintomi sistemici*.

 

Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo

Molto comune: Spasmi muscolari (33,4%), dolore dorsale (33,2%), debolezza muscolare (24,4%), crampi muscolari (20,1%), artralgia (19,0%), dolore agli arti (17,9%), mialgia (14,9%), dolore alla muscolatura scheletrica (14,8%), dolore osseo (11,8%), dolore toracico muscoloscheletrico (11,3%).

Comune: Miopatia, gonfiore periferico, dolore al collo.

Non comune: Osteonecrosi, atrofia muscolare, spondilite, gonfiore articolare, rigidità della muscolatura scheletrica, gonfiore locale.

 

Patologie renali e urinarie

Comune: Deficit renale, insufficienza renale (anche acuta), danno renale acuto.

Non comune: Minzione frequente, necrosi tubulare renale, ritenzione urinaria, sindrome di Fanconi acquisita, incontinenza urinaria.

 

Patologie dell'apparato riproduttivo e della mammella

Comune: Disfunzione erettile, ginecomastia, metrorragia, dolore al capezzolo.

 

Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione

Molto comune: Affaticamento (73,7%), edema periferico (46,6%), astenia (29,7%), febbre (23,1%).

Comune: Caduta, brividi, dolore toracico non cardiaco, contusione, malessere.

Non comune: Sete, sensazione di freddo.

 

* = esperienza successiva all'omologazione

 

La notifica di effetti collaterali sospetti dopo l'omologazione del medicamento è molto importante. Consente una sorveglianza continua del rapporto rischio-benefico del medicamento. Chi esercita una professione sanitaria è invitato a segnalare qualsiasi nuovo o grave effetto collaterale sospetto attraverso il portale online ElViS (Electronic Vigilance System). Maggiori informazioni sul sito www.swissmedic.ch.

 

Posologia eccessiva

Negli studi, la tossicità dose-limitante è stata essenzialmente di natura ematologica. In caso di sovradosaggio, sono indicati controlli (clinici, di laboratorio) e misure di supporto.

La lenalidomide è solo limitatamente dializzabile.

 

Proprietà/effetti

Codice ATC

L04AX04

 

Meccanismo d'azione

La lenalidomide è un derivato della talidomide ed è presente come racemato. Possiede proprietà sia immunomodulatorie sia antiangiogeniche.

La lenalidomide si lega alla proteina intracellulare cereblon (CRBN), un componente del complesso enzimatico E3 ubiquitina ligasi, che comprende la proteina DDB1 (DNA Damage-Binding Protein 1), la cullina 4 (CUL4) e il Roc1. Le E3 ubiquitina ligasi sono responsabili della poliubiquitinazione di una serie di diverse proteine substrato e possono eventualmente spiegare gli effetti cellulari pleiotropici osservabili nel trattamento con la lenalidomide.

La lenalidomide inibisce il rilascio di citochine proinfiammatorie, inclusi il fattore di necrosi tumorale α (TNF-α), le interleuchine IL-1β, IL-6 e IL-12 dalle cellule mononucleate del sangue periferico stimolate con lipopolisaccaridi (LPS), e aumenta la formazione della citochina antinfiammatoria IL-10 nelle cellule stimolate con LPS.

Induce la produzione di IL-2 e interferone-1γ (IFN-1γ) e aumenta la proliferazione dei linfociti T, nonché l'attività citotossica delle cellule natural killer.

La lenalidomide inibisce la proliferazione di diverse linee cellulari tumorali emopoietiche.

L'utilizzo della lenalidomide in associazione con rituximab nei pazienti con linfoma follicolare aumenta la citotossicità NK-mediata, la citotossicità cellulare anticorpo-dipendente (ADCC), la formazione di sinapsi immunologiche e l'apoptosi diretta, generando una maggiore attività antitumorale rispetto alla monoterapia.

In modelli di angiogenesi in vitro, la lenalidomide inibisce l'angiogenesi impedendo la formazione di microvasi e canali cellulari endoteliali, nonché la migrazione delle cellule endoteliali. La lenalidomide inibisce inoltre la formazione del fattore proangiogenetico VEGF nelle cellule di tumore prostatico PC-3.

 

Farmacodinamica

Studio di elettrofisiologia cardiaca sul QT

Con la somministrazione singola di lenalidomide a una dose di 10 mg o 50 mg in soggetti maschi sani, non è stato rilevato alcun prolungamento dell'intervallo QTc.

 

Efficacia clinica

Esperienza clinica con la lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone in pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattati, eleggibili al trapianto

L'efficacia (secondo i criteri di risposta dell'International Myeloma Working Group, IMWG) e la sicurezza della lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone (RVd) sono state valutate in due studi clinici di fase 3 multicentrici: PETHEMA GEM2012 e IFM 2009.

 

PETHEMA GEM2012

Lo studio PETHEMA GEM2012 era uno studio multicentrico di fase 3 randomizzato, controllato, in aperto, nel quale sono stati confrontati 2 regimi di condizionamento somministrati prima del trapianto (busulfan-melfalan e MEL200) in pazienti che avevano ricevuto RVd come terapia iniziale. RVd è stato somministrato in sei cicli di 4 settimane (24 settimane). I pazienti hanno ricevuto lenalidomide a una dose di 25 mg/die per via orale nei giorni 1-21, bortezomib per via sottocutanea a una dose di 1,3 mg/m2 nei giorni 1, 4, 8 e 11 e desametasone a una dose di 40 mg/die per via orale nei giorni 1-4 e 9-12 di cicli ripetuti di 28 giorni. Successivamente alla terapia iniziale, i pazienti hanno ricevuto il regime di condizionamento con busulfan-melfalan o con MEL200 (randomizzazione in rapporto 1:1) e un ASCT. I pazienti hanno ricevuto inoltre due cicli di trattamento supplementari (8 settimane) con RVd dopo l'ASCT. Nello studio sono stati arruolati in totale 458 pazienti.

Nello studio PETHEMA GEM2012, al termine della terapia iniziale con RVd, il tasso ≥ VGPR era pari al 67%, il tasso di CR al 33% e il 47% (217/458) dei partecipanti era MRD negativo. Dei partecipanti allo studio con ≥ VGPR, il 64% (196/305) era MRD negativo (sensibilità 10-4). Il tasso ≥ VGPR post-trapianto era pari al 75%, il tasso di CR al 44% e il 59% (287/458) dei partecipanti era MRD negativo. Dei partecipanti allo studio con ≥ VGPR, il 79% (271/344) era MRD negativo (sensibilità 10-4).

 

IFM 2009

Lo studio IFM 2009 era uno studio di fase 3 multicentrico, randomizzato, controllato, in aperto, per il confronto di RVd con e senza ASCT come terapia iniziale in pazienti eleggibili al trapianto affetti da mieloma multiplo non precedentemente trattato. I pazienti hanno ricevuto lenalidomide a una dose di 25 mg/die per via orale nei giorni 1-14, bortezomib per via endovenosa a una dose di 1,3 mg/m2 nei giorni 1, 4, 8 e 11 e desametasone a una dose di 20 mg/die per via orale nei giorni 1, 2, 4, 5, 8, 9, 11 e 12 di cicli ripetuti di 21 giorni. RVd è stato somministrato in otto cicli di 3 settimane (24 settimane) senza ASCT immediato (braccio A), oppure in tre cicli di 3 settimane (9 settimane) prima dell'ASCT (braccio B). I pazienti del braccio B hanno ricevuto inoltre due cicli supplementari di 3 settimane di RVd dopo l'ASCT. Nello studio sono stati arruolati in totale 700 pazienti.

Nello studio IFM 2009, al termine della terapia iniziale il tasso ≥ VGPR era pari al 68% e il tasso di CR al 31%. Dei soggetti con ≥ VGPR, il 57% (136/237) era MRD negativo (sensibilità 10-4).

 

Esperienza clinica con lenalidomide in pazienti con mieloma multiplo dopo trapianto autologo di cellule staminali

L'efficacia e la sicurezza della lenalidomide sono state valutate in due studi di fase III multicentrici, randomizzati, in doppio cieco, controllati verso placebo, a due bracci, a gruppi paralleli: CALGB 100104 e IFM 2005-02. L'endpoint primario di entrambi gli studi era la sopravvivenza libera da progressione (PFS).

 

CALGB 100104

Nello studio sono stati inclusi pazienti di età compresa tra 18 e 70 anni con mieloma multiplo attivo che richiedeva trattamento e senza precedente progressione dopo il trattamento iniziale.

Entro 90-100 giorni dopo l'ASCT, i pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1 alla terapia di mantenimento con lenalidomide o al braccio placebo. La dose di mantenimento della lenalidomide era 10 mg una volta al giorno nei giorni 1-28 di cicli ripetuti di 28 giorni (aumentata in caso di tollerabilità dopo 3 mesi fino a 15 mg una volta al giorno) e il trattamento è stato continuato fino alla progressione della malattia.

In totale sono stati randomizzati 460 pazienti: 231 pazienti al braccio lenalidomide e 229 pazienti al braccio placebo. I due bracci erano paragonabili in termini di caratteristiche demografiche e della malattia.

Sulla base delle raccomandazioni del Data Monitoring Committee, è stato aperto il cieco per lo studio in seguito al raggiungimento di una soglia della PFS predefinita in un'analisi ad interim pianificata. In seguito alla sospensione del cieco, ai pazienti nel braccio del placebo è stato consentito di passare al braccio di trattamento con la lenalidomide prima della progressione della malattia.

Il tempo mediano di follow-up era pari a 81,9 mesi alla data di cut-off dei dati del 1° febbraio 2016. Il rischio di progressione o decesso è risultato ridotto del 39% a favore della lenalidomide (HR = 0,61, IC al 95%: 0,48-0,76; p <0,001). La sopravvivenza libera da progressione mediana era pari a 56,9 mesi nel braccio lenalidomide, rispetto a 29,4 mesi nel braccio placebo.

Nell'analisi dell'OS l'HR osservato è stato pari a 0,61 (IC al 95%: 0,46-0,81) per la lenalidomide rispetto al placebo, che indica un rischio di morte ridotto del 39%. La sopravvivenza globale mediana è stata di 111,0 mesi nel braccio lenalidomide, rispetto a 84,2 mesi nel braccio placebo.

 

IFM 2005-02

Nello studio sono stati inclusi pazienti di età inferiore a 65 anni alla diagnosi che erano già stati sottoposti a una chemioterapia ad alto dosaggio con successivo ASCT e avevano conseguito almeno una stabilizzazione della malattia al momento del recupero dei valori ematologici.

Entro i 6 mesi successivi all'ASCT, i pazienti sono stati randomizzati alla terapia di mantenimento con lenalidomide o al braccio placebo. Dopo due cicli di consolidamento con la lenalidomide (25 mg/die nei giorni 1-21 di un ciclo di 28 giorni), la dose di mantenimento della lenalidomide era 10 mg una volta al giorno (giorni 1-28 di un ciclo di 28 giorni; aumentata in caso di tollerabilità dopo 3 mesi fino a 15 mg una volta al giorno). Il trattamento è stato continuato fino alla progressione della malattia.

In totale sono stati randomizzati 614 pazienti: 307 pazienti al braccio lenalidomide e 307 pazienti al braccio placebo.

Nei restanti 119 partecipanti allo studio che avevano ricevuto la terapia di mantenimento con la lenalidomide (durata minima del trattamento di 27 mesi), il trattamento è stato interrotto a causa di un'osservata diversità di distribuzione degli SPM comparsi.

Il tempo mediano di follow-up è stato pari a 96,7 mesi alla data di cut-off dei dati del 1° febbraio 2016. Il rischio di progressione della malattia o decesso è risultato ridotto del 43% a favore della lenalidomide (HR = 0,57, IC al 95%: 0,42-0,76; p <0,001). La PFS mediana è stata di 44,4 mesi nel braccio lenalidomide, rispetto a 23,8 mesi nel braccio placebo.

Nell'analisi dell'OS, l'HR osservato è stato pari a 0,90 (IC al 95%: 0,72-1,13) per la lenalidomide rispetto al placebo. La sopravvivenza globale mediana è stata di 105,9 mesi nel braccio lenalidomide, rispetto a 88,1 mesi nel braccio placebo.

 

Esperienza clinica con la lenalidomide in associazione con bortezomib e desametasone in pazienti con mieloma multiplo non precedentemente trattati, non eleggibili al trapianto

Lo studio SWOG S0777 ha valutato l'aggiunta di bortezomib a un trattamento di base con lenalidomide e desametasone, come terapia iniziale, seguito da ulteriore trattamento con Rd fino alla progressione della malattia, in pazienti con mieloma multiplo non trattato in precedenza nei quali non era previsto un trapianto di cellule staminali immediato.

I pazienti nel braccio di trattamento con lenalidomide, bortezomib e desametasone (RVd) hanno ricevuto la lenalidomide a una dose di 25 mg/die per via orale nei giorni 1-14, il bortezomib per via endovenosa a una dose di 1,3 mg/m2 nei giorni 1, 4, 8 e 11 e il desametasone a una dose di 20 mg/die per via orale nei giorni 1, 2, 4, 5, 8, 9, 11 e 12 di cicli ripetuti di 21 giorni, per un numero massimo di otto cicli di 21 giorni (24 settimane). I pazienti nel braccio di trattamento con lenalidomide e desametasone (Rd) hanno ricevuto la lenalidomide a una dose di 25 mg/die per via orale nei giorni 1-21 e il desametasone a una dose di 40 mg/die per via orale nei giorni 1, 8, 15 e 22 di cicli ripetuti di 28 giorni, per un numero massimo di sei cicli di 21 giorni (24 settimane). I pazienti in entrambi i bracci di trattamento hanno continuato lo schema Rd: lenalidomide 25 mg/die per via orale nei giorni 1-21 e desametasone 40 mg/die per via orale nei giorni 1, 8, 15 e 22 di cicli ripetuti di 28 giorni. Era prevista la continuazione del trattamento fino alla progressione della malattia.

L'endpoint primario di efficacia dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). In totale, sono stati arruolati 523 pazienti: 263 pazienti randomizzati a RVd e 260 pazienti randomizzati a Rd. I dati demografici e le caratteristiche correlate alla malattia dei pazienti erano ben equilibrati fra i bracci di trattamento.

I risultati per la PFS (valutazione dell'IRAC, regole di troncamento dell'EMA), con cut-off dei dati il 1° dicembre 2016 e un periodo mediano di follow-up dei partecipanti allo studio sopravvissuti di 60,6 mesi, hanno evidenziato una riduzione del 24% del rischio di progressione della malattia o decesso a favore di RVd (HR = 0,76; IC al 95%: 0,62; 0,94). La PFS globale mediana è stata di 41,7 mesi (IC al 95%: 33,1; 51,5) nel braccio RVd, rispetto a 29,7 mesi (IC al 95%: 24,2; 37,8) nel braccio Rd.

Tra i partecipanti nel braccio RVd è stata osservata una riduzione del 28% del rischio di morte, rispetto al braccio Rd (HR = 0,72; IC al 95%: 0,56; 0,94). L'OS mediana è stata complessivamente di 89,1 mesi (IC al 95%: 76,1; non valutabile) nel braccio RVd, rispetto a 67,2 mesi (IC al 95%: 58,4; 90,8) nel braccio Rd. Anche il tasso ≥ VGPR è stato più elevato nel braccio RVd (58%) rispetto al braccio Rd (32%).

 

Esperienza clinica con lenalidomide in associazione con desametasone in pazienti non precedentemente trattati che non sono eleggibili al trapianto

La sicurezza e l'efficacia della lenalidomide sono state valutate in uno studio di fase III multicentrico, randomizzato, in aperto, a 3 bracci (MM-020) in pazienti con un'età minima di 65 anni o, se di età inferiore a 65 anni, non eleggibili al trapianto di cellule staminali per decisione del paziente o per indisponibilità del trapianto di cellule staminali per motivi di costi o di altra natura. Lo studio (MM-020) ha confrontato lenalidomide più desametasone (Rd) somministrati per 2 diverse durate di trattamento (cioè fino alla progressione della malattia [braccio] oppure fino a diciotto cicli di 28 giorni [72 settimane, braccio Rd18]) con melfalan, prednisone e talidomide (MPT) per un massimo di dodici cicli di 42 giorni (72 settimane). I pazienti sono stati randomizzati (1:1:1) a uno dei tre bracci di trattamento. Alla randomizzazione i pazienti sono stati stratificati per età (≤75 anni vs. >75 anni), stadio (stadi ISS I e II vs. stadio III) e paese. I pazienti nei bracci Rd e Rd18 hanno assunto la lenalidomide a una dose di 25 mg una volta al giorno, nei giorni da 1 a 21 di cicli di 28 giorni. Il desametasone a una dose di 40 mg è stato somministrato una volta al giorno nei giorni 1, 8, 15 e 22 di ogni ciclo di 28 giorni. La dose iniziale e il regime terapeutico per Rd e Rd18 sono stati aggiustati in base all'età e alla funzionalità renale. I pazienti di età superiore a 75 anni hanno ricevuto una dose di desametasone di 20 mg una volta al giorno nei giorni 1, 8, 15 e 22 di ogni ciclo di trattamento di 28 giorni. Durante lo studio tutti i pazienti sono stati sottoposti a profilassi anticoagulante (eparina a basso peso molecolare, warfarin, eparina, acido acetilsalicilico a basso dosaggio).

L'endpoint primario di efficacia nello studio era la sopravvivenza libera da progressione (Progression Free Survival, PFS). In totale, sono stati arruolati nello studio 1623 pazienti: 535 pazienti randomizzati a Rd, 541 pazienti randomizzati a Rd18 e 547 pazienti randomizzati a MPT. Le caratteristiche dei pazienti, demografiche e correlate alla malattia, all'inizio dello studio erano equilibrate fra i 3 bracci. In generale, i partecipanti allo studio presentavano una malattia in stadio avanzato: il 41% della popolazione di studio totale era in uno stadio ISS III, il 9% aveva insufficienza renale grave (clearance della creatinina [ClCr] <30 ml/min). L'età mediana nei 3 bracci era di 73 anni.

La PFS nel braccio Rd (26,0 mesi) è stata significativamente più lunga rispetto a quella nel braccio MPT (21,9 mesi): HR di 0,69 (IC al 95%: 0,59-0,80; p = 0,001), il che indica una riduzione del 31% del rischio di progressione o di decesso. In entrambi i bracci di trattamento, i decessi nel corso dello studio hanno contribuito in uguale misura (10%) alla PFS. Rispetto al braccio MPT, nel braccio Rd è stato osservato un miglioramento di 4,3 mesi del tempo di PFS mediano. Il tasso di risposta del mieloma nel braccio Rd è stato significativamente più elevato che nel braccio MPT (75,1% vs. 62,3%; p <0,00001), con una risposta completa nel 15,1% dei pazienti del braccio Rd, rispetto al 9,3% dei pazienti nel braccio MPT. Il tempo mediano alla prima risposta è stato di 1,8 mesi nel braccio Rd e di 2,8 mesi nel braccio MPT.

Per l'analisi della sopravvivenza globale (OS), il follow-up mediano per i pazienti sopravvissuti è stato di 37,0 mesi, con 574 decessi nel 64% (574/896) degli ultimi eventi di OS manifestatisi. L'HR osservato era 0,78 a favore del braccio Rd, rispetto al braccio MPT (IC al 95%: 0,64, 0,96; valore p nominale = 0,01685), con una riduzione del 22% del rischio di morte.

 

Esperienza clinica con lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone in pazienti non precedentemente trattati che non sono eleggibili al trapianto

La sicurezza e l'efficacia della lenalidomide sono state valutate in uno studio di fase III multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, a 3 bracci (MM-015), condotto in pazienti di almeno 65 anni di età e con creatinina sierica <2,5 mg/dl. Lo studio ha confrontato la lenalidomide in associazione con melfalan e prednisone (MPR), con o senza terapia di mantenimento con la lenalidomide fino alla progressione della malattia, rispetto a melfalan più prednisone per un massimo di 9 cicli. I pazienti sono stati randomizzati in rapporto 1:1:1 a uno dei tre bracci di trattamento: braccio MPR+R: terapia di induzione con l'associazione MPR somministrata per via orale, seguita da lenalidomide come terapia di mantenimento; braccio MPR+p: terapia di induzione con l'associazione MPR somministrata per via orale, seguita da terapia di mantenimento con placebo; braccio MPp+p: terapia di induzione con l'associazione MPp (MP + placebo) somministrata per via orale, seguita da terapia di mantenimento con placebo (MPp+p).

Secondo la revisione indipendente condotta in cieco, la sopravvivenza libera da progressione è stata significativamente più lunga per MPR+R, rispetto a MPp+p, con un HR di 0,388 (IC al 95%: 0,274; 0,550), indicando per MPR+R una riduzione del 61% del rischio di progressione della malattia rispetto a MPp+p.

 

Esperienze cliniche nei pazienti con mieloma multiplo sottoposti ad almeno una precedente terapia

In due studi multicentrici, randomizzati, controllati verso placebo, in doppio cieco, con disegno identico (MM-009 negli Stati Uniti e in Canada e MM-010 in Europa, Israele e Australia), rispettivamente 353 e 351 pazienti affetti da mieloma multiplo, precedentemente sottoposti a uno o più regimi chemioterapici, sono stati trattati con lenalidomide più desametasone o con desametasone.

In una valutazione combinata di entrambi gli studi, il tempo mediano alla progressione è risultato di 48 settimane nei pazienti trattati con lenalidomide/desametasone (IC al 95%: 41,1; 60,1) e di 20,1 settimane nei pazienti del gruppo placebo (IC al 95%: 19,9; 20,7). La durata mediana della sopravvivenza libera da progressione è stata di 47,3 settimane (IC al 95%: 36,9; 58,4), rispetto a 20,1 settimane (IC al 95%: 18,1; 20,3). Il tempo di sopravvivenza globale è stato significativamente più elevato nel braccio lenalidomide/desametasone, con 90,3 settimane rispetto a 80,2 settimane, p = 0,015 (i pazienti del braccio placebo potevano passare al braccio di trattamento attivo dopo la progressione della malattia o dopo l'apertura del cieco dello studio; il 50% è stato trattato con lenalidomide/desametasone). La durata mediana del trattamento è stata di 28,1 settimane (min: 0,1; max: 110,7).

 

Esperienze cliniche nella sindrome mielodisplastica

In uno studio di fase II multicentrico, a braccio singolo, in aperto (MDS-003 in Germania e negli Stati Uniti), 120 pazienti con accertata dipendenza dalle trasfusioni di eritrociti dovuta a una MDS a basso rischio o a rischio intermedio 1, con anomalia citogenetica da delezione del 5q con o senza altre anomalie citogenetiche, sono stati trattati con la lenalidomide a una dose di 10 mg. La durata mediana della terapia è stata di 52,5 settimane. Il tasso di indipendenza dalle trasfusioni (>56 giorni) è stato del 62,8%. L'aumento mediano del livello di emoglobina è stato di 5,9 g/dl. La durata mediana della risposta è stata di 97 settimane. Una risposta citogenetica netta è stata osservata nel 34,6% dei pazienti, mentre una risposta citogenetica meno marcata è stata rilevata nel 38,5% dei pazienti.

In uno studio di fase III multicentrico, in doppio cieco, controllato verso placebo, a tre bracci (MDS-004 in Europa e Israele), 138 pazienti con accertata dipendenza dalle trasfusioni di eritrociti dovuta a una MDS a basso rischio o a rischio intermedio 1, con anomalia citogenetica da delezione del 5q con o senza altre anomalie citogenetiche, sono stati randomizzati al trattamento con lenalidomide a una dose di 10 mg, lenalidomide 5 mg o placebo. La durata della fase in doppio cieco è stata di 16-52 settimane. Il tasso di indipendenza dalle trasfusioni (>182 giorni) è stato del 56,1% nel gruppo trattato con 10 mg. I corrispondenti tassi di indipendenza dalle trasfusioni nel gruppo trattato con 5 mg e nel gruppo placebo sono stati del 41,3% e del 5,9%. La durata mediana della risposta è stata di 106 settimane nel gruppo trattato con 10 mg, mentre nel gruppo trattato con 5 mg e nel gruppo placebo non è stata determinabile. Una risposta citogenetica netta e una risposta citogenetica meno marcata sono state osservate rispettivamente nel 24,0% e 17,1% dei pazienti (10 mg), nel 10,9% e 6,5% dei pazienti (5 mg) e nello 0% e 0% dei pazienti (placebo).

Il tasso di indipendenza dalle trasfusioni (>56 giorni) è stato del 61,0% nel gruppo trattato con 10 mg, con un aumento mediano del livello di emoglobina di 6,3 g/dl. I corrispondenti tassi di indipendenza dalle trasfusioni e gli aumenti dell'emoglobina nel gruppo trattato con 5 mg e nel gruppo placebo sono stati rispettivamente 50,0% e 7,8% e 5,1 g/dl e 2,3 g/dl.

 

Esperienze cliniche nel linfoma mantellare

Lo studio MCL-001 era uno studio di fase II multicentrico, non controllato, sulla lenalidomide in monoterapia, con l'obiettivo di valutare la sicurezza e l'efficacia della lenalidomide in pazienti affetti da linfoma mantellare che avevano manifestato una recidiva dopo il trattamento con il bortezomib o un regime contenente il bortezomib, o che erano refrattari a tale trattamento. Sono stati inclusi nello studio solo i pazienti con dimostrata traslocazione o iperespressione di ciclina, nonché i pazienti non eleggibili al trapianto di cellule staminali. La lenalidomide è stata somministrata nei giorni 1-21 di cicli di trattamento ripetuti di 28 giorni, fino alla progressione della malattia o alla comparsa di una tossicità inaccettabile, oppure alla revoca del consenso.

Il requisito per la partecipazione allo studio era che i pazienti fossero già stati trattati con un'antraciclina o mitoxantrone, ciclofosfamide, rituximab e bortezomib in monoterapia o in associazione.

Sono stati inclusi i pazienti con conta assoluta dei neutrofili (ANC) ≥1500 cellule/mm3, conta piastrinica ≥60'000 cellule/mm3, livelli sierici di SGOT/AST o SGPT/ALT <3,0 volte l'ULN (limite superiore della norma) eccetto in caso di documentato sospetto di coinvolgimento epatico da parte del linfoma, bilirubina sierica totale <1,5 volte l'ULN eccetto in caso di sindrome di Gilbert o documentato coinvolgimento epatico da parte del linfoma, nonché clearance della creatinina calcolata (secondo la formula di Cockcroft-Gault) >30 ml/min.

Gli endpoint primari di efficacia dello studio MCL-001 erano il tasso di risposta globale (ORR) e la durata della risposta (DOR). Una panoramica dei risultati di efficacia per la popolazione ITT (Intent to Treat), conformemente all'esame dell'IRC (Independent Review Committee), è riportata nella tabella seguente. Il tempo mediano alla risposta è stato di 2,2 mesi (da 1,7 a 13,1 mesi). La sopravvivenza globale mediana è stata di 19,0 mesi (IC al 95%: 12,5; 22,9 mesi). La sopravvivenza libera da progressione nella popolazione di studio totale è stata di 3,95 mesi.

 

Valutazione del tasso di risposta (n = 134)

N (%)

IC al 95%

Tasso di risposta globale (IWRC) (CR+CRu+PR)

37 (28)

(20,2; 36,0)

Remissione completa (CR+CRu)

10 (7)

(3,6; 13,3)

CR

2 (1)

 

CRu

8 (6)

 

Remissione parziale (PR)

27 (20)

 

Malattia stabile (SD)

39 (29)

 

 

Durata delle remissioni (mesi)

Mediana

IC al 95%

Durata della risposta globale (CR + CRu + PR)
N = 37

16,6

(7,7; 26,7)

 

Nello studio MCL-002, nella popolazione ITT vi è stato in generale un aumento evidente dei decessi entro 20 settimane nel braccio lenalidomide, 13% (22/170), rispetto al 7% (6/84) nel braccio di controllo. Nei pazienti con massa tumorale elevata, le cifre corrispondenti erano del 20% (16/81) e del 7% (2/28).

 

Esperienze cliniche nel linfoma follicolare

NHL-007

Lo studio CC-5013-NHL-007 (AUGMENT) è uno studio di fase 3, multicentrico, in doppio cieco e randomizzato. Sono state esaminate l'efficacia e la sicurezza della lenalidomide in associazione con rituximab (R2) rispetto all'uso di rituximab più placebo in pazienti con linfoma indolente recidivato/refrattario.

In totale, 358 pazienti di almeno 18 anni con FL di grado 1, 2 o 3A (N = 295) o con linfoma a cellule marginali (MZL) istologicamente confermato sono stati randomizzati in un rapporto 1: 1. I pazienti erano stati precedentemente sottoposti ad almeno un trattamento di chemioterapia sistemica, immunoterapia o immunochemioterapia. I pazienti dovevano avere ricevuto almeno 2 dosi precedenti di rituximab e non dovevano essere refrattari al rituximab.

La lenalidomide è stata somministrata come dose orale di 20 mg una volta al giorno per i primi 21 giorni dei cicli ripetuti di trattamento di 28 giorni, nell arco di i 12 cicli o fino alla comparsa di una tossicità inaccettabile. Il rituximab è stato somministrato a una dose di 375 mg/m2 una volta alla settimana nel ciclo 1 (giorni 1, 8, 15 e 22) e il giorno 1 di ognuno dei cicli di 28 giorni dal 2 al 5 compreso.

L'endpoint primario di efficacia dello studio era la sopravvivenza libera da progressione (PFS). La sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è stata significativamente più lunga nel braccio R2 per i pazienti con FL (39,4 mesi; IC al 95%: 25,1; NE) rispetto al braccio di controllo (13,8 mesi; IC al 95%: 11,2; 16,0). Il rischio di recidiva è stato ridotto del 60% (HR 0,40; IC al 95%: 0,29; 0,55). Il risultato dell'endpoint primario è stato clinicamente e statisticamente significativo.

Inoltre, i pazienti con FL nel braccio R2 hanno mostrato un tasso di risposta globale (ORR) più elevato (ORR 80,3%; IC al 95%: 72,9; 86,4) rispetto a quelli trattati con rituximab in monoterapia (ORR 55,4; IC al 95%: 47,0; 63,6). Il tempo di risposta mediano è stato di 36,6 mesi nel braccio R2 e di 15,5 mesi nel braccio di controllo. La mortalità, misurata come tasso di sopravvivenza globale (OS) dopo 2 anni, è stata ridotta del 55% (HR 0,45; IC al 95%: 0,22, 0,92) nel braccio R2. Ciò significa che dopo 2 anni il 94,8% dei pazienti del braccio R2 era ancora in vita, rispetto all'85,8% dei pazienti trattati con rituximab in monoterapia.

 

NHL-008

Lo studio NHL-008 è uno studio di fase 3 in aperto e randomizzato in pazienti (N = 232) con FL recidivato o refrattario (grado 1-3B), MZL o MCL. A differenza dello studio NHL-007, nello studio NHL-008 sono stati inclusi i pazienti refrattari a rituximab, ovvero che non rispondevano al trattamento o che avevano presentato una recidiva entro 6 mesi dall'inizio del trattamento con rituximab. Sono stati inclusi anche i pazienti refrattari sia a rituximab, sia alla chemioterapia.

Dopo una fase iniziale di trattamento combinato con rituximab + lenalidomide (R2) per 12 cicli, i pazienti sono stati randomizzati per la successiva terapia di mantenimento, al fine di essere sottoposti alla terapia combinata R2 (oppure al trattamento facoltativo con lenalidomide in monoterapia dopo il ciclo 18) o alla somministrazione di rituximab in monoterapia.

Durante il trattamento di induzione, la lenalidomide è stata somministrata alla dose di 20 mg nei giorni 1-21 dei cicli ripetuti di 28 giorni, fino a un massimo di 12 cicli o alla comparsa di una tossicità inaccettabile, oppure fino alla revoca del consenso alla partecipazione allo studio. Il rituximab è stato somministrato alla dose di 375 mg/m2 a settimana nel ciclo 1 (giorni 1, 8, 15 e 22) e il giorno 1 di ogni ciclo dispari tra quelli successivi di 28 giorni (cicli 3, 5, 7, 9 e 11), fino a un massimo di 12 cicli di trattamento.

L'endpoint primario di efficacia della fase di induzione dello studio era il tasso di risposta globale (ORR), calcolato utilizzando i criteri di risposta modificati dell'International Working Group (IWGRC) del 1999. I risultati attuali si basano sull'analisi ad interim della fase iniziale di trattamento R2.

Dopo la fase di induzione di 12 cicli, l'ORR di tutti i partecipanti allo studio affetti da FL (N = 148) era del 70,3%; i pazienti refrattari al rituximab (N = 60) presentavano un ORR del 58,3%, mentre l'ORR dei pazienti non refrattari al rituximab (N = 88) era del 79,3%.

 

Farmacocinetica

Assorbimento

La lenalidomide viene assorbita rapidamente con un Tmax di 1 ora. La biodisponibilità orale è pari a circa il 70%. La farmacocinetica della lenalidomide è proporzionale alla dose.

La somministrazione concomitante di un pasto ad alto contenuto di grassi in volontari sani riduce l'entità dell'assorbimento, con conseguente diminuzione di circa il 20% dell'area sotto la curva concentrazione-tempo (AUC) e diminuzione del 50% della Cmax nel plasma.

Le analisi farmacocinetiche di popolazione evidenziano che il tasso di assorbimento orale della lenalidomide è paragonabile tra i pazienti con MCL e i pazienti con MM o MDS.

 

Distribuzione

Il legame della lenalidomide alle proteine plasmatiche è scarso (<30%). Non è stato studiato se la lenalidomide attraversi la barriera ematoencefalica.

Dopo la somministrazione di una dose giornaliera di 25 mg, la lenalidomide passa nello sperma (<0,01% della dose). Tre giorni dopo la sospensione del medicamento, la lenalidomide non è più rilevabile nel liquido seminale di soggetti sani.

 

Metabolismo

Il metabolismo della lenalidomide è scarso e non avviene tramite gli enzimi di fase I. Il componente principale rilevato nel sangue umano in vivo è la lenalidomide immodificata. Come metaboliti sono stati identificati 5-idrossil-lenalidomide ed N-acetil-lenalidomide, di cui ciascuno rappresenta meno del 5% della concentrazione del farmaco progenitore.

 

Eliminazione

Circa due terzi di una dose di lenalidomide vengono escreti immodificati per via renale.

La clearance renale della lenalidomide supera la velocità di filtrazione glomerulare; pertanto almeno in una certa misura la lenalidomide viene secreta attivamente.

Alle dosi terapeutiche (fino a 25 mg/die, l'emivita plasmatica è di circa 3 ore nei volontari sani e varia da 3 a 5 ore nei pazienti.

Le concentrazioni allo steady state sono state raggiunte il 4° giorno. Dosi ripetute non provocano un accumulo.

 

Cinetica di gruppi di pazienti speciali

Non sono disponibili dati sulla farmacocinetica nei pazienti pediatrici.

La lenalidomide viene eliminata principalmente sotto forma di principio attivo immodificato tramite filtrazione glomerulare e secrezione tubulare attiva. Dopo una dose singola di 25 mg, in presenza di insufficienza renale lieve (ClCr 80-50 ml/min) l'AUC aumenta del 25%, in presenza di insufficienza renale moderata (ClCr 50-30 ml/min) l'AUC aumenta di 3 volte e in presenza di insufficienza renale grave (ClCr < 30 ml/min) e/o insufficienza renale che richiede dialisi (periodo inter-dialisi) aumenta da 4 a 5 volte. In caso di insufficienza renale moderata, l'emivita di eliminazione si prolunga di 3 volte, a 9-10 ore.

 

Disturbi della funzionalità epatica

Le analisi farmacocinetiche di popolazione includevano pazienti con compromissione epatica lieve (n = 16, bilirubina totale da >1,0 a ≤1,5 volte l'ULN o AST > l'ULN) e indicano che una compromissione epatica lieve non influenza la clearance della lenalidomide. Non sono disponibili dati relativi a pazienti con compromissione epatica da moderata a grave.

 

Dati preclinici

Tossicità a breve/lungo termine

La lenalidomide mostra un modesto potenziale di tossicità acuta; nei roditori, le dosi minime letali dopo somministrazione orale sono risultate superiori a 2000 mg/kg. La somministrazione a lungo termine della lenalidomide ha prodotto nei ratti, soprattutto nelle femmine, una mineralizzazione della pelvi renale. La dose priva di effetti avversi osservabili (No Observed Adverse Effect Level, NOAEL) è stimata per i ratti in meno di 75 mg/kg e risulta perciò, sulla base dell'AUC, circa 25 volte maggiore dell'esposizione umana giornaliera con una dose di 25 mg/die. Nelle scimmie, somministrazioni orali ripetute hanno prodotto una riduzione dose-dipendente della conta dei neutrofili; questo effetto è determinato dall'azione farmacocinetica del principio attivo. Somministrazioni orali ripetute di 4 e 6 mg/kg nelle scimmie, per un periodo fino a 20 settimane, ha prodotto mortalità e tossicità significativa (sensibile calo ponderale, riduzione del numero di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, emorragie in diversi organi, infiammazioni del tratto gastrointestinale, atrofia del tessuto linfatico e del midollo osseo). La somministrazione di 1 e 2 mg/kg/die per 52 settimane nelle scimmie ha provocato variazioni della cellularità del midollo osseo, una lieve riduzione nel rapporto cellulare mielo-eritroide e atrofia timica. A una dose di 1 mg/kg/die è stata osservata una lieve riduzione della conta leucocitaria. Il NOAEL era pari a 1 mg/kg/die. A questa dose, l'esposizione (AUC) corrisponde all'esposizione terapeutica umana a 25 mg/die.

 

Mutagenicità/cancerogenicità

Studi di mutagenicità condotti in vitro (mutazione batterica, linfociti umani, linfoma murino, trasformazione nelle cellule embrionali di criceto siriano) e in vivo (test del micronucleo nel ratto) non hanno rivelato alcun effetto correlato al principio attivo né a livello genetico né a livello cromosomico. Non sono stati effettuati studi di cancerogenicità con la lenalidomide.

 

Tossicità per la riproduzione

Studi di tossicità per lo sviluppo (tossicità embriofetale/teratogenicità) sono stati effettuati nei ratti, nei conigli e nelle scimmie. In uno studio condotto nelle scimmie la lenalidomide è stata somministrata a dosi fino a 4 mg/kg/die. I risultati dello studio dimostrano che la somministrazione della lenalidomide a scimmie gravide ha causato malformazioni nella prole paragonabili alle malformazioni indotte dalla talidomide.

Nei conigli trattati con una somministrazione orale di 3, 10 e 20 mg/kg/die, la tossicità per lo sviluppo a dosi di 10 e 20 mg/kg/die è stata caratterizzata da una leggera riduzione del peso corporeo del feto, perdite post-impianto più frequenti (riassorbimenti precoci e tardivi e morti intrauterine), nonché riscontri esterni macroscopici nei feti associati a morbilità ed effetti farmacotossici della lenalidomide (colorazione cutanea violacea in tutto il corpo). A dosi di 10 mg e 20 mg/kg/die sono state osservate nei feti alterazioni dei tessuti molli e dello scheletro, che sono tuttavia tipiche del ceppo di conigli utilizzato. Il NOAEL materno e quello relativo allo sviluppo per la lenalidomide sono stati pari a 3 mg/kg/die nei conigli.

Come emerso da precedenti studi sulla talidomide nei ratti, anche uno studio sullo sviluppo embriofetale nei ratti, con somministrazione della lenalidomide a dosi fino a 500 mg/kg/die, non ha evidenziato alcun effetto teratogeno. Con la somministrazione di 100, 300 o 500 mg/kg/die è stata rilevata una tossicità materna minima, comprendente tra l'altro una lieve temporanea riduzione temporanea dell'aumento medio del peso corporeo e dell'assunzione di cibo.

 

Altre indicazioni

Stabilità

Il medicamento non deve essere utilizzato oltre la data indicata con «EXP» sulla confezione.

 

Indicazioni particolari concernenti l'immagazzinamento

Non conservare a temperature superiori a 30 °C.

Tenere fuori dalla portata dei bambini.

 

Indicazioni per la manipolazione

Come per i citostatici, anche la manipolazione e lo smaltimento di Lenalidomid Accord richiedono particolare cautela (vedere anche «Posologia/impiego»).

 

Numero dell'omologazione

67714 (Swissmedic)

 

Confezioni

Lenalidomid Accord (2,5 mg): 21 capsule rigide (A)

Lenalidomid Accord (5 mg): 21 capsule rigide (A)

Lenalidomid Accord (7,5 mg): 21 capsule rigide (A)

Lenalidomid Accord (10 mg) 21 capsule rigide (A)

Lenalidomid Accord (15 mg) 21 capsule rigide (A)

Lenalidomid Accord (20 mg) 21 capsule rigide (A)

Lenalidomid Accord (25 mg) 21 capsule rigide (A)

 

Titolare dell’omologazione

Accord Healthcare AG, 4103 Bottmingen.

 

Stato dell'informazione

Agosto 2022